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FEBBRAIO 2019 PAG. 52 - Ristorazione, i nuovi stili alimentari degli italiani


Nell’immaginario degli italiani il cibo è convivialità, relazione, passione, ma sempre più anche fonte di salute e benessere. Se, infatti, da un lato si accorcia il tempo dedicato dagli italiani a cucinare e a mangiare, si dilata la consapevolezza del legame tra cibo e salute. Questo è quanto emerge, tra l’altro, dall’ultimo Rapporto Ristorazione della Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, presentato in occasione della conferenza stampa tenutasi a Roma presso la sede di Fipe.

Il Rapporto quest’anno ha voluto indagare approfonditamente “I nuovi stili alimentari degli italiani” facendo il punto su come una relazione solida e storica - come quella che lega le persone al cibo - cambia e si modifica adattandosi ai tempi moderni.
“Siamo un Paese dalla grande tradizione culinaria, dove al pasto sono sempre associati i valori di relazione e convivialità, ed è proprio con questo spirito che nel nostro settore ristoratori e baristi si occupano di accogliere i clienti, diventando testimoni, anche all’estero, delle più belle qualità di noi italiani – commenta Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe. “Il cambiamento dei ritmi e degli stili di vita sta modificando sensibilmente le nostre relazioni con il cibo come emerge dal rapporto Fipe di quest’anno, imponendo alle nostre imprese un supplemento di responsabilità per garantire qualità, sicurezza alimentare e salute. In questo senso i ristoranti sono luoghi fondamentali per promuovere i corretti stili alimentari: il protocollo di intesa recentemente siglato da Fipe con il Ministero della Salute ne è la testimonianza. Una collaborazione nata dal comune impegno a fornire al pubblico informazioni sempre più puntuali per promuovere corretti stili di vita, per contrastare alcune patologie come obesità e abuso di alcol; e per gestire meglio il crescente fenomeno delle allergie e delle intolleranze alimentari”.

“Parlando invece degli aspetti generali del Rapporto - prosegue Stoppani - i numeri confermano il valore del nostro settore non solo da un punto di vista economico, ma anche culturale e sociale. In termini di consumi, occupazione e valore aggiunto emerge il ruolo centrale della ristorazione nella filiera agroalimentare nazionale, un elemento di cui dovranno tener conto le politiche di filiera, ad ogni livello. Non possiamo nascondere, infine, alcune rilevanti criticità che pesano sullo sviluppo del settore a cominciare dagli elevati tassi di mortalità imprenditoriale, dall’eccesso di offerta e dall’abusivismo, dalla bassa marginalità e da una progressiva dequalificazione”.

Nuovi stili alimentari
Andando a vedere in dettaglio i dati emersi dal Rapporto si nota come il tempo, la risorsa che scarseggia di più nella vita delle persone, stia fortemente condizionando la relazione con il cibo: il 32,7% degli intervistati ha dichiarato di cucinare a pranzo tutti i giorni, percentuale che sale al 53% per la cena, pasto che sta assumendo un ruolo sempre più importante nella nostra vita. Se nel 1998 il 78% delle persone erano solite pranzare a casa, in 20 anni la percentuale è scesa al di sotto del 72%, una contrazione che in assoluto equivale a circa 3,5 milioni di persone. Ci offrono un ulteriore spaccato della società i più piccoli: per circa 800 mila bambini con età compresa tra 3 e 10 anni la cena è il pasto principale della giornata. Tra coloro che cucinano “tutti i giorni” o “qualche volta” il 76,9% dedica 30 minuti al giorno a questa attività. In media sono 37 i minuti dedicati ogni giorno alla preparazione dei pasti, ma ancora di meno sono quelli dedicati al loro consumo: appena 29. Anche la spesa vuole la sua parte: il 48,6% degli intervistati dedica da una a due ore a settimana agli acquisti con un tempo medio settimanale di 105 minuti. Si nota un ritorno alla piccola spesa, ben il 50,1% degli intervistati preferisce acquistare il necessario giorno per giorno.

La scarsità di tempo a disposizione e l’abitudine a cucinare meno si riflettono in una nuova consuetudine: l’utilizzo di piattaforme di food delivery: nell’ultimo anno il 30,2% degli italiani ha avuto occasione di ordinare online il pranzo o la cena da piattaforme web. Cosa spinge le persone a muoversi in questa direzione? In cima alla classifica la poca voglia di uscire o cucinare, rispettivamente nel 37,1% e nel 31,5% dei casi; sul podio anche la mancanza di prodotti in casa, nel 35,6% dei casi. L’offerta sulle piattaforme di food delivery dimostra che ci sono ampi spazi di inserimento per la ristorazione tradizionale italiana e persino regionale. Dal punto di vista anagrafico sono i giovani i più abituati ad ordinare cibo online, un dato intuitivo anche per la maggiore propensione all’utilizzo della tecnologia. Non si rilevano invece differenze di genere, il delivery viene utilizzato indifferentemente da uomini e donne. La differenza si nota, invece, quando si guarda alla diffusione geografica del fenomeno: molto più diffuso al Nord che al Centro e al Sud del Paese, con la Lombardia in cima alla lista per la presenza di consumatori. Questo si deve evidentemente a fattori sociali, culturali e anche economici: il maggior tasso di occupazione, anche femminile, la presenza di un significativo numero di single, la maggior facilità di utilizzo della moneta elettronica.

La salute vien mangiando
Come anticipavamo, sta aumentando tra gli italiani la consapevolezza dello stretto rapporto tra alimentazione e benessere. I dati parlano chiaro: il 97,1% degli intervistati, la quasi totalità, è consapevole del fatto che la nostra salute e il nostro benessere dipendono da ciò che mangiamo. Il 71,8% degli intervistati si informa, durante la scelta del piatto, sulla qualità e la provenienza dei prodotti utilizzati, e più dell’89,1% ritiene che anche i locali siano più attenti a offrire alla clientela piatti salutistici. Nonostante questa rinnovata attenzione al benessere che si nota tra gli italiani solo il 53,3% degli intervistati dichiara di consumare verdure e ortaggi quotidianamente, ciò significa che una persona su due continua ad avere un’alimentazione che non prevede quotidianamente una porzione di verdure. Si nota comunque un trend di crescita rispetto al 2005 in cui il consumo quotidiano di verdura era abitudine solo per il 48,9%. Nonostante le tendenze vegetariane e vegane emerse negli ultimi anni, sul consumo di carne gli italiani hanno comportamenti piuttosto netti: il consumo di carne rimane diffuso, ma con una maggiore attenzione a quello delle carni rosse. Dal 2005 al 2018 la quota di persone che consuma carni bianche almeno una volta a settimana si è mantenuta intorno all’80%, mentre quella sul consumo di carne rossa è passato dal 73% al 59%. Per quanto riguarda invece il pesce: il suo consumo è rimasto abbastanza stabile, anche se nell’ultimo anno la frequenza del suo consumo ha superato quella delle carni rosse. 

Ben il 50% della popolazione adulta è in sovrappeso o, addirittura, obesa: il tasso di obesità è dell’11%, pari in valore assoluto a 5,3 milioni di persone ed è cresciuto di oltre il 20% in 10 anni: un dato davvero allarmante soprattutto perché l’aumento maggore riguarda i più i giovani.

La ristorazione italiana
Dal Rapporto 2018 emerge un quadro di sostanziale ottimismo soprattutto per quanto concerne l’andamento dei consumi alimentari fuoricasa, ormai attestati sul 36% dei consumi alimentari complessivi, con un valore aggiunto di 43,2 miliardi di euro, rafforzando la tesi che vede gli italiani come un popolo a cui piace stare fuori casa.

Resta elevato il turnover imprenditoriale: nel 2017 hanno cessato l’attività oltre 25.780 imprese, evidenziando però un trend di miglioramento del turnover, erano infatti oltre 26.770 le imprese cessate nel 2015. Un quadro che risulta comunque favorevole con un totale di oltre 333.640 imprese in attività ad oggi. Restano positivi i dati sulle prospettive occupazionali offerte dal settore: sono infatti oltre 1.252.260 gli occupati, di cui 864.062 dipendenti e 388.202 lavoratori indipendenti.
Ancora preoccupante il dato sulla produttività: l’indicatore resta al di sotto del picco del 2009 per ben otto punti percentuali.
Paola Martino
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