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MAGGIO 2021 PAG. 58 - LIBRI


 

 

Dall’uncino al container. Marco Caligari, Franco Angeli

“I viaggi delle navi portacontainer disegnano la rete materiale del «villaggio globale». Lo sviluppo del trasporto marittimo è d’altronde a un tempo causa e conseguenza della mondializzazione, in ragione della diminuzione dei costi da esso generata. La circolazione globale della merce è stata facilitata dai container e il gigantismo delle navi è stato agevolato dalla strategia delle multinazionali. Tuttavia, il dibattito sulla globalizzazione non ha dedicato l’attenzione necessaria al commercio marittimo. Se la globalizzazione si caratterizza per l’integrazione di luoghi molto distanti fra loro nello stesso mercato globale, i porti e lo shipping sono allora centrali in questo processo storico”. Parte da questa premessa la proposta di una genealogia della containerizzazione nel porto di Genova che punta a illuminare il ruolo che le multinazionali del mare hanno avuto nel ridisegnare il governo della forza lavoro. Non prestando orecchio esclusivamente alla vita sociale delle merci, ma interessandosi alle soggettività dei lavoratori, il libro attinge ad una approccio multidisciplinare che coniuga letteratura scientifica, archivi storici, osservazione sul campo, interviste a lavoratori e sindacalisti, per far emerge come le resistenze, i principî politici e gli scioperi dei portuali genovesi si siano sviluppati e qualificati all’interno di reti globali. Il punto dell’analisi è il passaggio dalla fase della “rottura di carico” al processo storico della containerizzazione. “Si tratta di un caso di studio rilevante, perché notevole è stata l’importanza politica rivestita dalla forza lavoro portuale genovese nel panorama italiano. A tutt’oggi, Genova rimane il principale porto italiano e il secondo per movimentazione di container. Inoltre, è proprio a Genova che è stato costruito il primo terminal container nel Mediterraneo”. Articolato in quattro capitoli, il volume illustra come diversi aspetti (le competenze lavorative, l’utilizzo della tecnologia, il nodo del tempo e la geografia del lavoro) siano mutati e come i diversi attori sociali (imprese marittime, sindacati, enti statali e compagnia portuale) si siano radicalmente trasformati lungo le tre fasi prese in esame: la prima (1945–1969) è segnata dalla rottura di carico; la seconda (1969–1994) dalla containerizzazione; la terza (1994–2018) dalla privatizzazione dei porti, dalla gestione diretta da parte dei terminalisti, in particolar modo asiatici, e dalla figura del gruista.

La Cina, gli Stati Uniti e il futuro dell’ordine mondiale. Matteo Dian, Il Mulino

Di fronte alle sfide della nuova politica internazionale il concetto di “Nuova guerra Fredda” offre uno schema interpretativo semplice e lineare. Riducendo la complessità delle dinamiche generate dall’ascesa cinese permette, specie negli Stati Uniti, di riprodurre un periodo in cui governi di orientamento politico diverso avevano prodotto un consenso politico forte su una grande strategia di lungo periodo, la strategia del contenimento. La crescita del ruolo geopolitico della Cina necessita invece di confrontarsi con nuovi modalità e valori. Pechino, infatti, promuove una visione propria dell’ordine internazionale, molto diversa da quella promossa dagli Stati Uniti e basata su concetti quali sovranità, autodeterminazione, un forte ruolo dello stato nell'economia, oltre che su una nuova centralità politica e strategica cinese in Asia. Ciò non implica necessariamente l’inizio di una nuova guerra fredda, quanto un processo complesso di rinegoziazione dell’ordine internazionale che riguarda diverse dimensioni: sicurezza, economia, ideologia e i rapporti con gli alleati. La competizione tra Washington e Pechino non è solo una sfida per il primato economico e militare: la capacità di promuovere soluzioni efficaci e legittime a problemi collettivi quali cooperazione economica, governance globale e regionale, e la riduzione della conflittualità internazionale sono centrali per il futuro ruolo delle due grandi potenze. Dall’analisi del libro emerge la necessità “di superare il determinismo che caratterizza le applicazioni dei principali approcci alle relazioni internazionali all’ascesa cinese”. “Il realismo strutturale è l’approccio più problematico da questo punto di vista, in quanto assume che nel lungo periodo la potenza dominante e la potenza in ascesa debbano necessariamente cadere nella «Trappola di Tucidide». Coerentemente con la prospettiva strutturale, il comportamento degli stati nel lungo periodo è considerato come un’espressione della natura anarchica del sistema e della distribuzione di potenza. Questa prospettiva tende a sottovalutare sia il ruolo degli agenti, ed in particolare dei leader, sia il ruolo di norme, valori e idee. Inoltre, tende a sminuire il ruolo degli altri attori oltre alle grandi potenze”.


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