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MARZO 2023 PAG. 65 - Fratelli La Bufala, etica e rispetto per l’ambiente

 



Vent’anni fa l’intuizione di Geppy Marotta di dar vita al brand Fratelli La Bufala, un marchio unico capace di diffondere l’eccellenza della pizza napoletana in giro per il mondo. Si può dire che da quel 19 febbraio 2003 questa azienda tutta partenopea ne abbia fatta di strada: 50 ristoranti sparsi per tutti i continenti, 1200 dipendenti, e tanti format che vanno dalle focaccerie ai caffè, che hanno trasformato Fratelli La Bufala in una società leader a livello nazionale e internazionale.

La voglia di avventura e di esportare il know-how della vera pizza di Napoli ha radici lontane; già nel 1993 Geppy Marotta aprì una pizzeria a Santa Monica posizionandosi come il primo ad aver intuito che l’expertise made in Naples – come recitava tra l’altro il claim del suo primo format - potesse essere vincente anche a migliaia di chilometri di distanza.

Dieci anni più tardi decise di puntare sulla tradizione familiare e sull’identità cilentana e di rendere realtà il suo grande sogno: portare la pizza campana in giro per l’Italia e per il mondo. Così è nato Fratelli La Bufala.

Dopo la prematura scomparsa nel 2014 di Geppy, il genio visionario capace di realizzare alle pendici del Vesuvio un piccolo “sogno americano”, a prendere le redini dell’azienda è stata sua moglie Lelia Castellano, architetto e designer di ogni sede del gruppo, cui via via si sono affiancate anche le figlie, in quello che è diventato un board tutto al femminile.

Col tempo Fratelli La Bufala si è affermata non solo come società di prestigio del settore enogastronomico ma anche come punto di riferimento di un’economia etica ed ecosostenibile, dando vita a diversi progetti di spessore. Scegliendo sempre partner che condividessero i valori fondanti del brand napoletano.

«In questi vent’anni la nostra azienda ha saputo non solo valorizzare un prodotto eccellente come la pizza – le parole di Francesca Marotta, figlia di Geppy e marketing executive di Fratelli La Bufala – ma anche cambiare i parametri di un settore, quello del mondo pizza, attraverso le direttrici dell’impegno sociale e dell’ecocompatibilità. La nostra azione mira a riqualificare i territori su cui insistiamo, in primis quello di Napoli, e a dare un’opportunità a giovani ragazzi che altrimenti potrebbero prendere strade senza futuro. Non solo sua maestà la pizza napoletana, insomma, vogliamo essere anche portatori di sani principi».

Sostenibilità sociale

Nella prima puntata della nuova stagione di “Mare Fuori”, la fortunata serie tv prodotta da RAI Fiction e ambientata nel carcere minorile di Nisida, arriva la buona notizia per i ragazzi, ovvero la possibilità di seguire un corso di formazione per diventare pizzaioli legato all’opportunità di lavorare in una pizzeria sociale dove ogni giorno si donano 100 pizze a persone in stato di disagio. Dalla fiction alla realtà il passo è breve. Niente di più vero del progetto voluto 10 anni fa da Geppy Marotta e ancora oggi uno strumento per offrire una possibilità di riscatto ai giovani che arrivano a Nisida. Nel 2010 dall’incontro provvido tra Geppy Marotta e Antonio Franco, presidente di “Scugnizzi”, è nato “Finché c’è pizza… c’è speranza”, il progetto di formazione per pizzaioli che ha sede nel carcere minorile di Nisida. Si tratta di un corso dove 60 ragazzi detenuti imparano l’arte e il mestiere del pizzaiolo, offrendo l’opportunità di potersi creare un futuro entrando a lavorare nel gruppo FLB. Tre anni dopo la partnership raddoppia i suoi sforzi, prendendo in gestione a Napoli un locale nel quartiere Tribunali, zona centralissima ma al contempo piena di ragazzi a rischio devianze. Nasce così la “Pizzeria dell’Impossibile”, dove dapprima vengono tenuti corsi da 200 ore per 15 giovani provenienti da realtà poco felici e in seguito verrà istituita una mensa per clochard e cittadini in difficoltà: oltre cento pizze giornaliere vengono sfornate e regalate a chi non può permettersi un pasto caldo, e i ragazzi, ormai formati, possono reinserirsi nel mondo del lavoro; alcuni anche all’estero.

Paola Martino

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