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MAGGIO 2024 PAG. 26 - Come il Bruco salverà la logistica del Nord Italia

 

Come il Bruco salverà la logistica del Nord Italia

Il limite della portualità italiana è universalmente risaputo. I porti storici, sviluppati a ridosso delle città, non hanno spazi sufficienti per crescere. Nell’ultimo cinquantennio la logistica, vettore principale della globalizzazione, ha rivoluzionato il tradizionale rapporto tra nave e banchina. Le unità e i volumi di merce che trasportano hanno assunto la scala del gigantismo: la necessità di garantire efficienza e velocità alla distribuzione verso i mercati di consumo richiede spazi retro-portuali sempre più grandi. Il passaggio da un modello “labour intensive” a uno “capital intensive” ha accelerato ulteriormente il processo, con il fattore sostenibilità che rappresenta un’ulteriore variabile (che potrebbe trasformarsi in risorsa) di complessità.   

Come fare in modo che la logistica del nord Italia possa essere concorrenziale con quella del Nord Europa e quindi interrompere il declino che da decenni impatta sulla competitività della regione Liguria? 

A Genova la proposta “visionaria” di Bruno Musso, imprenditore in anticipo sui tempi e pieno protagonista della “rivoluzione logistica” di cui sopra, potrebbe rappresentare una risposta su cui riprendere il ragionamento sugli sviluppi del prossimo futuro. Il progetto BRUCO, opportunamente considerato alla luce dei grandi progetti che stanno trasformando la “linea del mare” del porto di Genova, potrebbe essere rilanciato per rispondere alla lunga “stasi” dei traffici sotto la Lanterna.   

È stato questo il tema al centro di un seminario organizzato dal Dipartimento economia dell’Università di Genova e Cieli (Centro Italiano di Eccellenza sulla Logistica i Trasporti e le Infrastrutture) in cui la sostenibilità – intesa in senso sociale, economico ed ambientale – è  stata presentata da Enrico Musso, direttore del Cieli e Professore ordinario di economia applicata presso l’Università degli Studi di Genova, come “la chiave per garantire che la crescita dei traffici portuali non debba avvenire a scapito della qualità della vita e dell’ambiente delle regioni portuali e possa invece facilmente coniugarsi con altri insediamenti e linee di sviluppo.

In questa logica gli interventi e le possibili soluzioni sono molteplici, spesso necessitano di essere tra loro integrati, e riguardano non soltanto l’infrastruttura portuale ma anche le reti infrastrutturali al suo servizio”. 

Il seminario, partendo dall’illustrazione agli studenti di come sia cambiato il ruolo e il modo di operare del porto genovese negli ultimi decenni, ha discusso alcune possibili soluzioni per lo sviluppo del porto in un confronto aperto con alcuni attori della port community. 

Le principali variabili di sviluppo della competitività a livello europeo di un porto riguardano sostanzialmente un pescaggio di almeno 18 metri e banchine da 500 metri, velocità di carico e scarico e spazi di lavorazione e stoccaggio a disposizione. In un contesto come quello genovese, con la saturazione delle aree a disposizione, ma anche con l’opportunità di poter sfruttare i margini di spazio recuperabili con gli interventi legati alla grande diga foranea, come superare i limiti orografici in modo da avere tutti i requisiti per gestire navi container di grandi dimensioni? 

Un tunnel di 39 km per collegare il porto di Prà con la pianura in provincia di Alessandria per mezzo di veicoli elettrici a guida autonoma con una capacità di movimentazione nominale di 8 milioni di teu/anno è la soluzione su cui è imperniato il progetto presentato da Fabiola Mascardi, Consigliere Indipendente e Consulente Sviluppo Business, meglio conosciuto come BRUCO (Bi-level Rail Underpass for Container Operations) o IV Valico: un’infrastruttura che, secondo gli studi di prefattibilità effettuati, non sottrarrebbe traffico agli altri porti italiani ma lo svilupperebbe in un raggio di 600 km da Genova verso l’Europa continentale con una sensibile riduzione delle emissioni.

Allo stato attuale - è emerso nel corso dei lavori – i porti del nord Italia sono serviti solo da navi oceaniche minori o feeder con conseguente maggiorazione dei noli marittimi e del trasporto marittimo a cui si aggiungono i limiti nella capacità ferroviaria e stradale delle infrastrutture di collegamento ai mercati del nostro paese. Non ci sono al momento soluzioni tradizionali per rispondere alle necessità di spazi portuali di almeno 600 ettari con spazi logistici limitrofi di 3mila ettari e collegamenti efficienti con l’hinterland necessari per lo sviluppo del porto di Genova, in modo da essere più competitivo sia dal punto di vista operativo che economico. 

“La soluzione BRUCO, invece, combina gli alti fondali del Tirreno insieme agli spazi oltre Appennino sincronizzando il trasferimento dei container con le operazioni di carico e scarico delle navi e garantendo i rilevanti vantaggi ambientali e di decongestionamento della costa dal traffico camionistico, autostradale e ferroviario, indirizzando il traffico fuori dall’asse Milano-Torino e lungo un corridoio portuale diretto tra Genova e Rotterdam. Il porto olandese, infatti, nonostante la distanza offre costi logistici più ridotti grazie alla capacità di accoglienza delle grandi navi portacontainer”. 

Tra le direttrici di sviluppo del porto di Genova, per Bruno Musso, anche la specializzazione degli spazi dedicati alle attività portuali con la concentrazione a Prà del traffico pesante delle mega navi e a Sampierdarena del traffico leggero di crocieristi, traghetti merci/passeggeri, autostrade del mare, altri container e merce varia insieme alla valorizzazione delle infrastrutture esistenti ed in costruzione a Genova, come la diga foranea che potrebbe restituire alla città un fronte mare di 14 km. 

L’attuazione del BRUCO avrebbe un forte impatto anche dal punto di vista ambientale. Secondo uno studio del RINA, utilizzare il BRUCO permetterebbe un risparmio annuo di distanze coperte per il traffico merci oggi esistente pari a 17,5 miliardi t/km per il trasporto su ferro; 4,0 miliardi t/km per quello stradale e 1.239.177 numero navi/km per trasporto via mare. “Inoltre le emissioni, il Carbon footprint di ciascun teu trasportato e della città di Genova possono circa dimezzarsi, con un risparmio del 41% per teu, ovvero circa 1.4 Mio t/anno Co2 a traffico equivalente, e del 56% per Genova, su circa 2.5 Mio t/anno odierni”. 

Considerata come un’opera complementare rispetto agli interventi infrastrutturali in via di completamento (dal Terzo Valico alla grande diga foranea) BRUCO potrebbe centrare, in sintesi, cinque obiettivi strategici: offrire un’infrastruttura logistica e portuale per destino finale di ULCS nel Mediterraneo, realizzabile in partenariato pubblico/privato (PPP) con tempi di costruzione ragionevoli (3-6 anni) e modalità di costruzione sostenibile, capace di funzionare con costi e tempi competitivi rispetto ai porti del Nord Europa per linee intercontinentali regolari; ridurre notevolmente l’impatto ambientale del trasporto di contenitori in Italia ed Europa, migliorando le condizioni di viabilità dell’intera area servita ed aumentando le potenzialità della ferrovia; migliorare e razionalizzare i servizi logistici offerti all’economia della Pianura Padana e dell’Europa Centrale (Svizzera, Baviera, Baden-Würtemberg, Rhone/Lione, Austria); aumentare il valore aggiunto e incrementare notevolmente i posti di lavoro dedicati alla logistica e all’indotto nella regione del Nord-Ovest italiano, creando le condizioni per la rinascita economica della Regione; offrire alle aziende tecnologiche Italiane ed Europee un’essenziale palestra d’innovazione applicata, creando l’infrastruttura logistica e portuale tecnologicamente più avanzata e più “green” d’Europa.


Red.Mar.

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