Header Ads

AGOSTO 2022 PAG. 44 - Aree Marine Protette Disciplina e gestione

 


Le Aree Marine Protette (AMP) sono essenziali per il recupero e la protezione della biodiversità degli oceani grazie alla loro funzione per la protezione di habitat critici, delle specie e delle funzioni ecologiche. 

Le prime aree marine protette furono istituite all’inizio del XX secolo, molto dopo i primi parchi sulla terraferma; dagli anni 2000 il numero e la superficie delle AMP è cresciuta molto rapidamente e oggi sono il principale strumento per la conservazione della biodiversità e la gestione delle risorse naturali praticamente in tutti i mari del mondo.

Sul piano internazionale assumono la denominazione di Specially Protected Areas of Mediterranean Importance (ASPIM) e sono disciplinate dalla Convenzione di Barcellona del 1978, ratificata nel nostro Paese con Legge 21 Gennaio 1979 n. 30, relativa alla protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento.

Ivi le parti contraenti promuovono la cooperazione nella gestione e conservazione delle aree naturali, così come la protezione delle specie minacciate e dei loro habitat. Con il Protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo del 1995 essa ha ampliato il proprio ambito di applicazione geografica diventando Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo, il cui bacino, per la ricchezza di specie, popolazioni e paesaggi, rappresenta uno dei siti più ricchi di biodiversità al Mondo.

L’Allegato I del Protocollo stabilisce i criteri per l’istituzione delle ASPIM che possono essere individuate nelle zone marine e costiere soggette alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati parte e nelle zone situate in parte o totalmente in alto mare, in siti importanti per l’elevato grado di biodiversità, per la peculiarità dell’habitat, per la presenza di specie rare, minacciate o endemiche, o che rivestono un interesse speciale dal punto di vista scientifico, estetico, culturale o educativo, e in cui sia in ogni caso assicurata capacità di gestione.

Detto Protocollo ha istituito anche un Centro di Attività Regionale per le Aree Specialmente Protette in conformità allo United Nations Environment Programme (UNEP) stabilisce la lista delle ASPIM, inserendo le aree marine protette che richiedono la candidatura secondo un iter standardizzato.

Per ottenere e poi mantenere questo prestigioso e importante status, le aree in oggetto devono costantemente promuovere iniziative di studio che permettano di monitorare annualmente lo stato di salute dei fondali, in particolare di verificare il mantenimento di un elevato grado di biodiversità. 

Questa valutazione si ottiene attraverso la compilazione di elenchi faunistici e floristici per classi e gruppi di specie, la cui redazione viene affidata a specialisti nel campionamento, raccolta e classificazione dei dati.

La normativa italiana in tema di protezione di aree marine prevede diverse tipologie d’intervento, mediante l’istituzione di zone di tutela biologica, di zone in concessione demaniale, di riserve naturali marine e di parchi marini.

La Legge n. 963 del 1965 ed il D.P.R. n. 1639 del 1968 (successivamente abrogati) indicavano la possibilità di proteggere alcune aree significative per la tutela delle risorse biologiche, nel contesto della gestione delle risorse di pesca, mediante l’istituzione di zone di tutela biologica da parte del Ministero della Marina Mercantile e, in seguito alla soppressione di questo Dicastero, del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali – Direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura.

Questo provvedimento vietava o limitava nel tempo le attività di pesca nelle zone di mare le quali, in base a dati scientifici, siano riconosciute come aree di riproduzione o di accrescimento di specie marine di importanza economica o che risultavano impoverite da uno sfruttamento troppo intenso. Nelle zone di tutela biologica, quindi, lo scopo della protezione non era la conservazione degli ecosistemi naturali, bensì la salvaguardia delle risorse di pesca; in esse non si prevedeva una gestione attiva, comprendente azioni di sviluppo delle attività didattiche, ricreative e produttive compatibili, ma solamente il divieto di esercitarvi attività di pesca. Sino al 1982 l’alternativa alle zone di tutela biologica era, in Italia, la concessione demaniale in aree costiere di limitata estensione, ai sensi dell’art. 36 cod. nav.

Un ulteriore passo avanti è stato compiuto grazie alla Circolare del Ministro della Marina Mercantile n. 237 del 1987, con la quale le Capitanerie di Porto venivano invitate a facilitare le procedure per la concessione demaniale di aree marine per l’istituzione di zone protette. La concessione poteva essere richiesta da Associazioni ambientaliste, Università ed Enti Parco terrestri prospicienti l’area marina da proteggere. Con la Legge n. 979 del 1982 concernente “Disposizioni per la difesa del mare” l’Italia si dota, per la prima volta, di uno strumento giuridico che prevede l’istituzione di aree marine (definite nel testo non molto propriamente “Riserve Marine”) in cui proteggere e salvaguardare l’ambiente naturale in quanto tale, e non per finalità di gestione delle risorse ittiche di interesse economico.

Successivamente è stata emanata la Legge n. 394 del 1991 ossia la legge quadro sulle aree protette. Attualmente tali aree si suddividono in:

a) Aree marine istituite;

b) Aree marine di reperimento;

c) Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM).

Le Aree marine di reperimento sono 52 individuate secondo quanto previsto dalle leggi nn. 979/82 art. art. 31, 394/91 art. 36 e ss.mm.ii. Di queste, 29 sono state già istituite.

Le aree marine protette sono costituite da ambienti marini, acque, fondali e tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere nonché per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Possono essere costituite da un ambiente marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale. 

L’istituzione di un’area marina protetta è preceduta dall’individuazione, attraverso una specifica disposizione normativa, di un’“area marina di reperimento”. Una volta concluso l’iter tecnico-istruttorio l’area marina protetta è istituita con Decreto del Ministro della Transizione Ecologica d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze che indica la denominazione e la delimitazione spaziale dell’area, gli obiettivi di conservazione e la disciplina di tutela a cui è sottoposta. Le aree in questione sono suddivise in zone comprensive anche dei relativi territori costieri del demanio marittimo. Tali zone sono sottoposte a diverso regime di tutela ambientale, tenuto conto delle caratteristiche ambientali e della situazione socio - economica.

In generale, le aree marine protette sono divise al loro interno in tre zone denominate:

a) zone di riserva integrale (zone A);

b) zone di riserva generale (zone B);

c) zone di riserva parziale (zone C).

L’intento della suddivisione è quello di assicurare la massima protezione degli ambiti di maggior valore ambientale che ricadono applicando i vincoli stabiliti dalla legge. 

Le tre tipologie di zone sono delimitate da coordinate geografiche e riportate nella cartografia allegata al Decreto istitutivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. 

In particolare:

- Zona A (nella cartografia evidenziata con il colore rosso), di riserva integrale, interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. La zona A è il vero cuore della riserva. In tale zona, individuata in ambiti ridotti, sono consentite in genere unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio. 

- Zona B (nella cartografia evidenziata con il colore giallo), di riserva generale, dove sono consentite e spesso regolamentate dall’organismo di gestione, una serie di attività che, pur permettendo una fruizione dell’ambiente, influiscono con il minor impatto possibile. Anche le zone B di solito non sono molto estese. Per alcune particolari caratteristiche territoriali, a volte, vengono istituite delle sottozone Bs (zone B speciali), nelle quali vigono le stesse previsioni delle zone B, ma dove è vietata qualsiasi attività di prelievo delle risorse.

- Zona C (nella cartografia evidenziata con il colore azzurro), di riserva parziale, dove sono consentite e regolamentate dall’organismo di gestione le attività di fruizione e l’uso sostenibile del mare di modesto impatto ambientale. 

Questa zona rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni all’area marina protetta.

Per quanto concerne l’iter per l’istituzione di un’area marina protetta occorre disporre di un aggiornato quadro di conoscenze sull’ambiente naturale d’interesse, oltre ai dati relativi alle attività socio-economiche che si svolgono nella predetta. 

Il Ministero competente è quello della Transizione Ecologica - Direzione Generale per il mare e le coste (MTE–MAC), e per l’acquisizione di tali conoscenze e dati può avvalersi di istituti scientifici, laboratori ed enti di ricerca. Gli studi sono generalmente distinti in due fasi: nella prima viene esaminata la letteratura esistente sull’area; nella seconda fase vengono effettuati gli approfondimenti necessari per un quadro conoscitivo concreto ed esaustivo. La definizione di perimetrazione dell’area (i confini esterni), la zonazione al suo interno (le diverse zone A, B e C), e la tutela operata attraverso i diversi gradi di vincoli nelle tre zone, sono parte dello schema di decreto istitutivo redatto alla fine dell’istruttoria. 

Sullo schema di decreto vengono sentiti la Regione e gli Enti Locali interessati all’istituenda area marina protetta, per l’ottenimento di un concreto e armonico consenso a livello locale. Infine, come stabilito dall’art.77 del Decreto Legislativo n. 112/98 occorre acquisire il parere della Conferenza Unificata sullo schema di decreto ministeriale. Infine, il Ministro della Transizione Ecologica, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, procede all’istituzione dell’area marina protetta, autorizzando il finanziamento per le spese di prima istituzione (Legge n. 394/91 art.18 e Legge n. 93/01 art.8.). Il decreto ministeriale, se non diversamente specificato, entra in vigore il giorno successivo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La gestione delle aree marine protette, ai sensi delle leggi nn. 979/82, 394/91 e 426/98, è affidata dal Ministero della Transizione Ecologica a enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra di loro. 

L’affidamento avviene con decreto del Ministro della Transizione Ecologica, sentiti la Regione e gli Enti locali territorialmente interessati. 

La Commissione di Riserva (istituita ai sensi delle Leggi nn. 979/82 art. 28 e 426/98 art. 2, comma 16) affianca l’Ente delegato, nella gestione dell’area marina protetta, formulando proposte e suggerimenti per quanto attiene al funzionamento della AMP medesima. In particolare, la Commissione dà il proprio parere alla proposta del regolamento di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione dell’area marina protetta, ivi comprese le previsioni relative alle spese di gestione, formulate dall’Ente delegato. La Commissione è istituita presso l’Ente Gestore e sulla base di quanto previsto dall’art. 2, comma 339, della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 ed è così composta:

a) un rappresentante del Ministero della Transizione Ecologica designato dal Ministro, con funzioni di Presidente;

b) un esperto designato dalla Regione interessata, con funzioni di vice Presidente;

c) un esperto designato d’intesa tra i Comuni rivieraschi interessati;

d) un esperto del Ministero della Transizione Ecologica;

e) un rappresentante della Capitaneria di Porto, su proposta del Reparto Ambientale Marino presso il Ministero della Transizione Ecologica;

f) un esperto designato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA);

g) un esperto designato dalle associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative e riconosciute dal Ministero della Transizione Ecologica.

In materia di regolamentazione ai sensi dell’art. 19, comma 5, della Legge n. 394/91, il Ministro della Transizione Ecologica approva il Regolamento di disciplina delle attività consentite nell’area marina protetta, per il quale si osserva la procedura prevista all’art. 17 della Legge n. 400 del 23 agosto 1988, previo parere del Consiglio di Stato. Il Regolamento di disciplina contiene l’indicazione della suddivisione in zone sottoposte a diverso regime di tutela ambientale e della disciplina delle attività consentite all’interno dell’area, nel rispetto delle caratteristiche dell’ambiente e delle finalità istitutive dell’area stessa. Ai sensi degli artt. 28, commi 6 e 7, della Legge n. 979/82 il Ministro della Transizione Ecologica, acquisito il parere favorevole della Commissione di Riserva, approva con apposito decreto il Regolamento di esecuzione e organizzazione dell’area marina protetta, che contiene la normativa di dettaglio e le condizioni di esercizio delle attività consentite. Il medesimo regolamento di esecuzione e organizzazione prevede la possibilità di emanare ulteriori disposizioni di dettaglio contenute in un disciplinare integrativo adottato annualmente.

L’art. 19 della legge quadro n. 394/91 individua le attività vietate nelle aree marine protette, quelle cioè che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area. 

La Legge n. 394/91 vieta nelle aree marine protette:

a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l’asportazione di minerali e di reperti archeologici;

b) l’alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;

c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;

d) l’introduzione di armi, di esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;

e) la navigazione a motore;

f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.

I decreti istitutivi delle aree marine protette, considerando la natura e le attività socio-economiche prevalenti nell’area, possono prevedere alcune eccezioni (deroghe) ai divieti stabiliti dalla Legge n. 394/91 oltre a fornire dettagli sui vincoli previsti. 

Tali elementi sono contenuti nei decreti istitutivi e nei regolamenti di ciascuna area marina protetta. In merito alla sorveglianza al rispetto di tali vincoli tale potere è esercitato dalle Capitanerie di Porto ai sensi di quanto disposto dall’art.19, comma 7, della Legge n. 394/91.

Gli Enti locali delegati alla gestione delle aree marine protette possono altresì avvalersi, ai fini della sorveglianza, degli organi di Polizia locale. Poiché tra le finalità perseguite con l’istituzione di un’area marina protetta, vi è anche la promozione dello sviluppo sostenibile dell’area, con particolare riguardo alla valorizzazione delle attività tradizionali, delle culture locali e del turismo eco - compatibile, per l’efficace gestione di un’area marina protetta assume particolare importanza la esatta individuazione delle attività che si possono coerentemente svolgere in tale ambito, ciò che, in termini amministrativi, coincide con la materia delle autorizzazioni e delle concessioni demaniali.

Infatti, l’assentimento di eventuali concessioni in tali ambiti non può prescindere dal regime giuridico di tutela e gestione dell’area marina protetta, e non può avvenire senza la puntuale specifica considerazione dei vincoli derivanti da misure introdotte con i decreti istituitivi delle aree naturali protette e dai regolamenti, nonché dalla articolazione in zone con essi prevista, e senza l’intervento del Soggetto di gestione dell’area protetta. La disciplina delle concessioni demaniali nelle aree marine protette è contenuta, oltre che nell’art. 6 della Legge Quadro, anche nella Conferenza Unificata Stato – Regioni del 14 luglio 2005 concernente Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle aree marine protette. L’art. 1 stabilisce che ai fini del rilascio da parte delle Regioni, o degli Enti Locali dei provvedimenti relativi alla concessione di beni del demanio marittimo e di zone del mare ricadenti nelle aree marine protette rileva la zonazione prevista nei singoli decreti istitutivi delle AMP, suddivise in zone sottoposte a diverso regime di tutela tenuto conto delle caratteristiche ambientali e della situazione socio-economica ivi presenti.

In particolare:

a) in zona A di riserva integrale, non possono essere adottati o rinnovati provvedimenti relativi all’uso del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno dell’area marina protetta, anche in riferimento alle opere e autorizzazioni o concessioni demaniali preesistenti all’istituzione della stessa, fatta eccezione per quelli richiesti dal soggetto gestore dell’area marina protetta per motivi di servizio o di sicurezza o, in casi particolari, di ricerca scientifica;

b) in zona B di riserva generale, i provvedimenti relativi all’uso del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno dell’area marina protetta, sono adottati o rinnovati dalle Regioni, o dagli Enti Locali cui siano state da esse conferite le funzioni, d’intesa con il soggetto gestore dell’area marina protetta, tenuto conto delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive;

c) in zona C di riserva parziale, i provvedimenti relativi all’uso del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno dell’area marina protetta, sono adottati previo parere del soggetto gestore dell’area marina protetta.

Per quanto concerne le concessioni preesistenti le Regioni o gli Enti Locali cui siano state da esse conferite le funzioni, in collaborazione con le competenti Capitanerie di Porto e con i Gestori delle aree marine protette, la Conferenza Unificata prevedeva che si provvedesse, entro 180 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, alla ricognizione delle autorizzazioni e concessioni demaniali in essere, con le rispettive date di scadenza, relative al suddetto territorio.

Le Regioni o gli Enti Locali cui siano state da esse conferite le funzioni, provvedono a revocare, non rinnovare o modificare le eventuali concessioni esistenti nelle aree marine protette che confliggano con quanto disposto nei rispettivi decreti istitutivi e nei regolamenti di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione dell’area marina protetta. Le concessioni demaniali marittime in tali aree concernono sovente campi ormeggio volti a creare un’offerta turistica e diportistica aggiuntiva, con nuovi posti barca in aree di grande pregio ambientale e paesaggistico, mediante un’infrastrutturazione relativamente leggera e a carattere stagionale. L’offerta integrativa di servizi per il diporto a corredo della sosta in sicurezza (taxi nautico, prelievo rifiuti, catering, merchandising, visite guidate, diving, sea-watching, snorkeling, pescaturismo, ecc.) rappresenta un’opportunità in più per gli operatori del territorio. 

I campi ormeggio rappresentano, quindi, una delle più interessanti best practices emerse in questi anni, a partire da una sperimentazione nelle aree marine protette.

Infatti l’istituzione di un’area marina protetta, mediante il regolamento e apposite discipline adottate dall’ente gestore può prevedere divieto di ancoraggio, limiti della velocità di navigazione e misure di premialità ambientale per le unità da diporto con dispositivi ecologici nelle aree di maggior pregio naturalistico e maggiore vulnerabilità quali sono quelle caratterizzate dalla presenza di prateria di posidonia oceanica.

Nei fondali con posidonieto, il fenomeno di aratura delle ancore dei mezzi nautici è responsabile in buona parte dell’erosione e della regressione della prateria; tale regressione si traduce in perdita di habitat, riduzione del ruolo ecologico di nursery e del numero di esemplari delle singole specie marine e, complessivamente, minore biodiversità. Per questo, la semplice realizzazione di aree di sosta precostituite quali i campi ormeggio – ove è vietato l’ancoraggio – con gavitelli assicurati al fondale da sistemi a basso impatto ambientale e visivo, è capace di azzerare il fenomeno dell’erosione dei fondali e la conseguente perdita di biodiversità.

L’opera di vigilanza e manutenzione, la sorveglianza degli specchi acquei, la possibilità di definire discipline per gli utenti, che possono limitare l’impatto sull’ambiente, adottando, ad esempio, misure di premialità ambientale per i fruitori muniti di mezzi e dispositivi ecologici, costituiscono ulteriori strumenti di salvaguardia ambientale e promozione di una cultura diffusa di turismo sostenibile.

Con Decreto Legislativo 3 novembre 2017, n. 229, recante “Revisione ed integrazione del Decreto Legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante codice della nautica da diporto ed attuazione della Direttiva 2003/44/CE, a norma dell’articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172, in attuazione dell’articolo 1 della legge 7 ottobre 2015, n. 167” è stato istituito, nel codice della nautica da diporto l’art. 49-decies, rubricato “campi boe attrezzati” in cui si legge “1. Gli enti gestori delle aree marine protette, nel rispetto delle norme vigenti in materia di demanio marittimo, possono istituire campi boa e campi di ormeggio attrezzati, anche con l’impiego di tecnologie informatiche e telematiche, nelle zone di riserva generale (zone B) o di riserva parziale (zone C) per le unità da diporto autorizzate alla navigazione in tali zone, ai sensi del regolamento di organizzazione dell’area marina protetta. I progetti di installazione dei citati campi sono sottoposti, previo nulla osta del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare (ora Ministero della Transizione Ecologica), al parere vincolante dell’ufficio circondariale marittimo competente per territorio. Nell’ambito dei campi boa e dei campi di ormeggio una quota pari al 15% degli ormeggi è riservata alle unità a vela. Allo scopo di tutelare l’ecosistema, nell’ambito dei campi boa e di ormeggio è vietato l’ancoraggio al fondale. I campi boa e i campi di ormeggio sono finalizzati al perseguimento delle seguenti finalità: a) contenimento dei fenomeni di aratura e danneggiamento dei fondali derivanti dall’ancoraggio delle unità da diporto; b) erogazione di un numero limitato e annualmente programmato di permessi di stazionamento nell’area marina;  c) garanzia della trasparenza dei criteri di accesso ai campi boa e di ormeggio, attraverso idonee forme di pubblicità degli stessi e di prenotazione non onerosa anche per via telematica. Gli enti gestori definiscono tariffe orarie e giornaliere di stazionamento negli stessi, anche in relazione all’attivazione combinata di servizi aggiuntivi esclusivamente nel settore della nautica da diporto, per la cui applicazione acquisiscono il nulla osta del predetto Ministero.  I proventi riscossi dagli enti gestori sono destinati al recupero delle spese di allestimento e manutenzione dei campi boa e di ormeggio, a interventi volti a incrementare la protezione ambientale dell’area marina protetta. Nell’allestimento dei campi boa e di ormeggio gli enti gestori sono tenuti all’individuazione di sistemi compatibili con le caratteristiche dei fondali, a basso impatto ambientale paesaggistico, con il minimo ingombro sul fondale, opportunamente dimensionati in relazione alla tipologia e alla dimensione delle unità per le quali viene effettuato l’ormeggio. Gli enti gestori possono, altresì, allestire sistemi tecnologicamente avanzati per il monitoraggio remoto degli ormeggi e delle strutture a terra, al fine di verificarne costantemente il corretto posizionamento e funzionamento. Al fine di garantire la sicurezza della navigazione, i campi boa e di ormeggio sono segnalati in mare sulla base delle prescrizioni del competente Comando Zona Fari e la posizione e le caratteristiche degli stessi devono essere comunicate dagli enti gestori all’ufficio circondariale marittimo competente per il successivo inoltro all’Istituto Geografico della Marina Militare”.

Avv. Alfonso Mignone

Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.