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MAGGIO 2023 PAG. 30 - Interporti, revisione normativa e concentrazione delle risorse

 



A circa trent’anni dal primo inquadramento legislativo il sistema degli interporti italiani necessita di un profondo intervento normativo. La rivisitazione dei paradigmi su cui si è basata finora la logistica rende inevitabile il riconoscimento del loro ruolo specifico, anche in virtù degli ambiziosi obiettivi europei fissati per la sostenibilità del trasporto merci internazionali. Per l’AD di CEPIM SpA-Interporto di Parma, Dott. Fabio Rufini, questo percorso non può che partire dalle caratteristiche «chiare e strutturali» per definire la natura di una struttura interportuale.

Il primo punto su cui basare la “riforma” degli interporti?

Vanno evitate dispersioni di risorse e ambiguità nella connotazione di base. Per essere riconosciuti come interporti dovrebbe essere necessario avere in dotazione una piattaforma ferroviaria, una dogana, magazzini e piazzali al servizio del tessuto industriale delle aree provinciali e regionali di riferimento. Nel delineare una precisa struttura di servizi andrebbe previsto anche la redazione di un piano di sviluppo in grado di consolidare il ruolo di interconnessione con i mercati da servire. Con strategie adattabili al repentino cambio dei flussi delle merci.    

Un ruolo incentrato sul “must” della sostenibilità…

Senza dubbio la missione è quella di bilanciare al meglio le modalità di trasporto gomma-ferro, guardando agli obiettivi europei che prevedono entro il 2030 uno switch su ferrovia di almeno il 30% delle merci. Considerando che l’Italia si attesta attualmente attorno al 11-12% e la media continentale oscilla tra il 17 e il 19%, si capisce la portata di una sfida che ha bisogno di norme efficaci e investimenti importanti.

Come si sta attrezzando CEPIM?

Entro l’anno è previsto il termine dei lavori del nuovo terminal che ci consentirà di accrescere ulteriormente le nostre performance. In questi anni abbiamo raggiunto una quota di treni che supera le tremila unità, un milione e trecentomila mezzi ogni anno attraversano i nostri gate e contiamo di raddoppiare i traffici. Attualmente stiamo lavorando all’individuazione di un partner industriale che ci permetta di partire con una velocità tale da poter ammortizzare l’investimento. I nuovi standard europei fissano la lunghezza minima dei binari a 750 metri: i nostri tre binari già realizzati due anni fa hanno una lunghezza di ca. 900 metri, permettendoci di accogliere e lavorare un maggior numero di treni.

Le priorità in vista dei prossimi anni?  

C’è una esigenza comune al mondo degli interporti che è quella di realizzare nuovi magazzini. Nel nostro caso, ad esempio, è forte la necessità di realizzare nuove aree di stoccaggio. Giustamente vengono finanziati progetti per la mobilità su ferro, considerata come nuova frontiera della mobilità sostenibile, e si potenziano le interconnessioni con i porti. Allo stesso tempo, purtroppo, iniziano a mancare le risorse destinate per la realizzazione di nuovi magazzini, magari strutturati con servizi sempre più sofisticati come la catena del freddo, nei siti individuati dalla legge.

Quale ruolo per l’Interporto di Parma nelle strategie logistiche nazionali?

Noi siamo il “naturale” retroporto del Porto di La Spezia. L’obiettivo, anche attraverso il potenziamento infrastrutturale che investirà la rete italiana con i progetti previsti dal PNRR, è essere pronti ad offrire alla merce servizi sempre più veloci, economici ed efficienti. Per fortuna, partiamo da una buona posizione. Negli ultimi anni abbiamo fatto molti investimenti e grazie a questi nell’ultimo anno abbiamo registrato un attivo di bilancio attorno ai 500mila euro con un fatturato di ca. 11 milioni, 8 dei quali derivanti dalle attività logistiche. Abbiamo sempre puntato su questo aspetto, con qualità e professionalità, e possiamo dire con orgoglio di essere un esempio nel panorama generale degli Interporti.

M.D.C.

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