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MAGGIO 2023 PAG. 66 - LIBRI

 



Kazakistan: fine di un’epoca, F.Vielmini - Mimesis

“L’importanza del Kazakistan è inversamente proporzionale al grado di consapevolezza che se ne ha in Italia ed Europa. Si tratta di un paese enorme (2.724.000 km2), consustanziale alla struttura geopolitica della Russia oltre che un antemurale nei confronti della Cina, con la quale condivide oltre 4000 km di confine. Tale spazio gigantesco è occupato da soli 18 milioni di abitanti e dunque più che fragile di fronte all’emersione della potenza cinese ed ai sommovimenti della fascia di paesi musulmani che lo delimita a meridione, a diretto contatto con l’instabilità afghana”. Il Kazakistan si trova al centro degli equilibri della “nuova guerra fredda” provocata dal conflitto in Ucraina agli inizi del 2022. In questa dettagliata ricostruzione, Fabrizio Vielmini segue la parabola politica di Nursultan Nazarbaev, autocrate visionario la cui eclissi ha innescato una lotta feroce fra i dignitari della sua corte, fatta di apparati deviati e tattiche di manipolazione di massa. Vittima ne è stata la società kazakistana, un variegato tessuto di etnie, religioni e tribù, espropriate dalle ricchezze del proprio Paese. L’adesione del regime al neo-liberismo, unita all’etnicizzazione della vita pubblica assortita da influenze islamiche, ha scosso le basi della convivenza civile. Al centro degli equilibri strategici della “nuova guerra fredda” in Ucraina, il nuovo Presidente Tokaev cerca di mantenere il Kazakistan in equilibrio fra le tempeste interne e i sommovimenti geopolitici circostanti, che rischiano di travolgere le fragili basi dell’esistenza di questo sorprendente Paese a cavallo tra Oriente e Occidente.

L’ambizione del libro è quella di fare del Kazakistan un caso di studio di come l’Occidente abbia fallito la grande occasione presentata dal venir meno della sfida sovietica alla fine degli anni 80. Si presentò allora la possibilità di ricostruire le relazioni internazionali nel grande spazio fra Atlantico e Pacifico, creando un’area di prosperità comune in cui le capacità tecniche occidentali avrebbero potuto essere potenziate dalle risorse umane e naturali presenti all’interno dell’ex-blocco sovietico. Al contrario, ciò non venne neanche considerato per privilegiare un modello di sfruttamento delle risorse e di finanziarizzazione dei rapporti economici, funzionale al mantenimento della subordinazione europea agli USA”. 

Usa – Cina. Una guerra che dobbiamo evitare, K.Rudd - Rizzoli

Il conflitto in Ucraina è la più netta delle conferme: dal dopoguerra a oggi, la tensione politica internazionale non è mai stata tanto acuta. Ma lo scontro tra Russia e Occidente non è certo l’unica minaccia per la pace globale. La crisi crescente tra Pechino e Washington è sotto gli occhi di tutti, e il rapporto tra le due superpotenze si è fatto via via più instabile, tra incomprensioni culturali, risentimenti storici e incompatibilità ideologica. L’ex primo ministro australiano Kevin Rudd ha assistito in prima linea a questo processo, conosce a fondo entrambe le realtà – ha vissuto, studiato e lavorato nei due Paesi – ed è uno dei politici più indicati per spiegarci nel dettaglio cosa pensano le leadership cinese e americana, e quali sono le loro reali priorità. Passando in rassegna le posizioni assunte da Xi Jinping negli ultimi anni, le risposte diplomatiche della Casa Bianca, la sempre più feroce concorrenza economica, tecnologica e militare tra i due Stati e lo scenario di cyberwar già in atto, questo saggio descrive con acume e precisione come le relazioni si sono deteriorate fino all’attuale punto di non ritorno. O quasi. Perché, secondo Rudd, siamo ancora in tempo per scongiurare il peggio. Per farlo occorre disegnare una nuova narrazione comune, capace di accogliere, nel solco del multilateralismo, le reciproche esigenze di sicurezza nazionale e costruire un’idea di futuro che sia accettabile per le parti in campo, e per tutti noi. Per usare le parole dello stesso Rudd: «Se questi due giganti riusciranno a convivere senza tradire i rispettivi interessi – attraverso quella che io definisco gestione strategica della competizione – il mondo sarà un posto migliore. Se non dovessero riuscirci, si prospetta la possibilità di una guerra, con conseguenze inimmaginabili». La sfida è disegnare un percorso nuovo, ancora senza regole precise né precedenti, che porti a un rinnovato ordine mondiale e metta al primo posto la pace. In caso contrario la strada intrapresa porterà inevitabilmente a un conflitto armato, capace di devastare entrambi i Paesi e il mondo intero.


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