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APRILE 2024 PAG. 28 - L’impatto sulla rete ferroviaria degli interventi infrastrutturali

 

L’impatto sulla rete ferroviaria degli interventi infrastrutturali

“Nel 2024, per l’attuazione delle opere del PNRR, sarà interrotto circa il 60% delle linee ferroviarie, corrispondenti a circa 4100 giorni di indisponibilità delle stesse. Fino al completamento dei lavori è quindi necessario istituire un fondo complementare per consentire agli operatori del trasporto ferroviario merci di traguardare la fine lavori del 2026 perché questa situazione provoca un’inevitabile perdita di competitività del trasporto ferroviario rispetto ad altre modalità di trasporto, pari al 3,2% rispetto all’anno precedente, destinata ad aumentare quest’anno e nel 2025”. Questo l’appello lanciato da Clemente Carta, Presidente Fermerci, nel corso della presentazione, presso la Sala Capitolare del Senato, del secondo rapporto annuale di Fermerci sullo stato del trasporto ferroviario merci in Italia. 

Il documento sottolinea come in Italia, “il settore logistico ferroviario è caratterizzato da volumi di traffico che si discostano notevolmente dalla media europea, con una quota modale del 12,6%1, in netto contrasto con il 17% della media EU e da un’offerta ferroviaria prevalentemente concentrata nelle regioni settentrionali”. 

Dopo la crisi economica e il conseguente crollo dei volumi di traffico nel 2008, il trasporto ferroviario delle merci in Italia ha manifestato una notevole ripresa a partire dal 2010, con una tenuta del settore anche di fronte alla pandemia di Covid-19 (24,3 miliardi di tonnellate-km nel 2021, +17% rispetto al 2020) e al conflitto russo-ucraino (24,3 miliardi di tonnellate-km nel 2022, +0,3% rispetto al 2021), attestandosi a valori medi anni, tra il 2010 e il 2023, di circa 21,4 miliardi di tonnellate-km e 47,1 milioni di treni-km. 

“Nell’ultimo triennio, tuttavia, nonostante un sostanziale recupero nel settore nel corso del 2021 con il ripristino dei volumi ai livelli pre-pandemici, il 2022 ha presentato segnali di regressione, confermati e accentuati nel corso del 2023, con prospettive preoccupanti per il 2024. L’aumento del costo dell’energia, insieme ai nuovi scenari geopolitici e alla crisi climatica, contribuiscono a complicare il raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati per il 2030, richiedendo al contempo l’implementazione di una strategia adattativa e innovativa per affrontare le sfide emergenti”.

A livello europeo, l’Italia detiene la quarta rete ferroviaria più estesa, posizionandosi dietro a Germania, Francia e Polonia. Essa, infatti, si compone di quasi 17.000 km di linee ferroviarie di proprietà statale, gestite da Rete Ferroviaria Italiana, e di 3.000 km di linee secondarie, di proprietà regionale e gestite da diverse società sia pubbliche che private. 

“Tuttavia – ha aggiunto il Presidente di Fermerci - solo il 73% è elettrificato e solamente il 46% è a doppio binario, senza considerare poi che la rete nazionale è molto vulnerabile in quanto esposta ai danneggiamenti causati da frane ed eventi alluvionali che sempre più frequentemente si abbattono sul nostro territorio”.

Per favorire l’evoluzione ecologica e digitale del sistema di mobilità nazionale il documento di Fermerci sottolinea come l’Italia stia affrontando “una fase di transizione infrastrutturale attraverso l’attuazione dei programmi di sviluppo e i progetti di investimento del gestore dell’infrastruttura”. “Tali iniziative hanno l’obiettivo di migliorare le prestazioni e l’accessibilità del servizio ferroviario, focalizzandosi soprattutto sull’implementazione degli investimenti previsti dal PNRR e la piena realizzazione dei corridoi europei TEN-T, per i quali sono necessari interventi di adeguamento delle linee ferroviarie agli standard prestazionali europei e di potenziamento delle reti TEN-T e dei valichi alpini”. 

Conseguenza di questi lavori sono la “sostanziale limitazione dell’utilizzo della rete nel breve periodo”. Gli interventi infrastrutturali sulla rete ferroviaria nazionale infatti “generano inevitabilmente periodiche indisponibilità dei corridoi interessati, impattando sull’operatività delle imprese ferroviarie nel breve e medio termine e dando origine a modifiche, deviazioni e cancellazioni degli itinerari”. 

Il rapporto poi esamina il ruolo del trasporto ferroviario e quello stradale rispetto al tema della decarbonizzazione dei trasporti e promozione della connettività e dell’interoperabilità: 

“sotto il profilo energetico e quello ambientale – ha sottolineato Carta - è stato calcolato che un treno merci equivale a togliere 50 mezzi pesanti dalle strade a lunga percorrenza, permettendo di ottenere circa l’80% di consumi in meno rispetto allo stesso parametro in Italia. Nonostante questo il settore del trasporto ferroviario merci si caratterizza per volumi di traffico che si discostano notevolmente dalla media europea, con una quota del 12,6% rispetto al 17% della media continentale, con un’offerta ferroviaria prevalentemente concentrata nelle regioni settentrionali”. 

“È necessario quindi – ha proseguito il Presidente di Fermerci - aumentare la quota di shift modale gomma/ferro per incentivare il trasporto ferroviario merci e raggiungere gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea. Esso può essere perseguito solo attraverso un’adeguata policy di incentivazione, ma ad oggi le risorse stanziate sono ridottissime se si pensa che tra il 2020 e il 2021 l’Italia ha registrato l’esiguo aumento dello 0,8% sulla quota modale ferroviaria”.

Essenziale al perseguimento dell’obiettivo la politica di incentivazione a sostegno dell’intermodalità e delle modalità di trasporto meno impattanti. 

In questo contesto, il “Ferrobonus”, istituito nel 2009 e la “Misura di sostegno alle imprese ferroviarie”, introdotta dalla Legge 23 dicembre 2014, “hanno contribuito significativamente al potenziamento del settore ferroviario italiano, promuovendo la riduzione delle emissioni inquinanti e incentivando modalità di trasporto più sostenibili”.  

Un successo su cui però si dovrebbe spingere maggiormente. Sebbene le politiche di incentivazione adottate negli ultimi anni abbiano prodotto risultati positivi “ad oggi – conclude il documento di Fermerci – non hanno consentito il recupero modale dell’Italia rispetto ai paesi dell’eurozona”. 

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