APRILE 2024 PAG. 48 - Commercio sino-africano trainato dal settore energetico
I paesi africani stanno giocando un importante ruolo a
monte nelle catene di approvvigionamento nella strategia cinese di leadership
nel settore delle tecnologie rinnovabili. Le aziende di Pechino forniscono
investimenti diretti a supporto dell’estrazione di materie prime ma, ad oggi,
l’Africa non ne sta ancora beneficiando appieno. Sebbene negli ultimi
trent’anni l’impegno economico della Cina sia cresciuto esponenzialmente nel
commercio, nel finanziamento delle infrastrutture e negli investimenti diretti
esteri (IDE), agli indubbi vantaggi economici che stanno favorendo la
penetrazione politico-economica del Dragone all’interno del continente fanno da
contraltare la percezione crescente dei rischi ambientali connessi a tale
modello di sviluppo e al ritardo nell’allinearsi agli obiettivi di
sostenibilità fissati dalle Nazioni Unite e dall’Unione Africana.
È quanto emerge da un rapporto pubblicato dal Global
Development Policy Center dell’Università di Boston e dall’African Economic
Research Consortium che analizza il commercio, la finanza e gli investimenti
diretti esteri Cina-Africa dal 2000 al 2022 per valutare le tendenze, rivelare
le lacune e identificare i percorsi attraverso i quali la Cina sta sostenendo
l’accesso energetico e la transizione dell’Africa.
Dai dati raccolti emerge come la presenza cinese abbia
perseguito finora due percorsi distinti: il sostegno ai processi di
elettrificazione, attraverso la progettazione, il finanziamento e la realizzazione
delle relative strutture e infrastrutture (centrali elettriche, linee di
trasmissione e distribuzione); l’estrazione di materie prime (pipeline,
esportazione di prodotti energetici primari e materiali di transizioni
oltreoceano).
A far da cornice al fenomeno il crescente volume del
commercio Africa-Cina passato da 11,67 miliardi di dollari nel 2000 a un picco
di 257,67 miliardi di dollari nel commercio totale nel 2022, che hanno permesso
a Pechino di diventare il principale partner commerciale di molti paesi
africani, scalzando il Regno Unito e gli Stati Uniti.
Questo flusso enorme riguarda in gran parte lo scambio di
beni primari con prodotti finiti. “Dal 2000 al 2022, l’89% delle esportazioni
africane verso la Cina riguardava il settore estrattivo e riguardava
principalmente petrolio, rame, minerale di ferro e allumina. Le importazioni,
d’altro canto, sono state dominate da manufatti, come apparecchiature per le
telecomunicazioni e tessuti, che rappresentano il 94% di tutte le importazioni
dalla Cina nello stesso periodo”.
Tra il 2021 e il 2022, le esportazioni africane verso la
Cina sono aumentate del 19%. Le esportazioni cinesi verso l’Africa sono
cresciute dell’11% nello stesso periodo, “ma poiché il valore delle
esportazioni cinesi verso l’Africa è rimasto superiore a quello delle
esportazioni africane verso la Cina, alla fine del 2022 persisteva un deficit
commerciale del 2,6% del PIL”.
In termini di esportazioni verso la Cina per paese nel
periodo 2000-2022, l’Angola è leader principalmente attraverso la fornitura di
petrolio greggio, seguita dal Sud Africa principalmente attraverso le
esportazioni di minerale di ferro. I successivi tre maggiori esportatori,
Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Congo, hanno esportato principalmente
petrolio greggio e rame. Insieme, le esportazioni provenienti da soli da questi
paesi ammontano a circa il 2% del PIL africano nel 2022 e al 69% del valore
totale delle esportazioni nel periodo 2000-2022.
“I tipi di materie prime principali estratte ed esportate rivelano informazioni su alcune delle priorità passate della Cina nella regione. Le esportazioni di petrolio greggio verso la Cina soddisfano la domanda interna di petrolio nell’economia in crescita del Paese, mentre rame, ferro e alluminio sono input nelle catene di approvvigionamento di tecnologie verdi come batterie per veicoli elettrici, pannelli solari e apparecchiature per la generazione di energia eolica”.
A livello finanziario tra il 2000 e il 2022 il volume di
prestiti di origine cinese ammonta a 170,08 miliardi di dollari, di cui 134,01
dollari sono stati forniti dalle due principali istituzioni finanziarie cinesi
per lo sviluppo (DFI), la Export-Import Bank of China (CHEXIM) e la China
Development Bank (CDB).
“Sebbene l’importo dei prestiti concessi ai paesi africani abbia trasformato la Cina nel maggiore creditore bilaterale del continente, la loro erogazione è diminuita costantemente dal picco registrato nel 2016. Gli attuali oneri debitori e l’aumento del costo dei prestiti lasciano poco spazio per assumere ulteriore debito”.
Le istituzioni finanziarie del gigante asiatico hanno
fornito un terzo dei loro prestiti proprio al settore energetico (34%) per un
ammontare di 52,38 miliardi di dollari, di cui il 51% era destinato a progetti
di combustibili fossili con fonti energetiche di petrolio, gas/gas naturale
liquefatto (GNL) e carbone. I prestiti per le energie rinnovabili rappresentano
solo il 2%, nonostante il considerevole potenziale non sfruttato dell’Africa,
soprattutto nel solare.
Nel 2022, il debito dell’Africa nei confronti della Cina
ammontava al 13% del debito estero dell’intero continente: “più o meno la
stessa cifra dovuta alla Banca Mondiale”. I maggiori debitori della Cina in
Africa sono stati l’Angola (20,98 miliardi di dollari), l’Etiopia (6,82
miliardi di dollari), il Kenya (6,69 miliardi di dollari), lo Zambia (5,73
miliardi di dollari) e l’Egitto (5,21 miliardi di dollari). “Sebbene Angola e
Kenya abbiano recentemente evitato per un soffio il default e sembrino ben pronti
a rifinanziare il debito esistente, i tre paesi africani andati in default
negli ultimi tre anni, Zambia, Ghana ed Etiopia, erano tutti tra i primi 10
mutuatari della Cina in Africa”.
Negli ultimi trent’anni, le aziende cinesi hanno
annunciato 112,34 miliardi di dollari di IDE greenfield e hanno completato
24,60 miliardi di dollari in accordi di fusioni e acquisizioni (M&A) per
progetti e iniziative in tutta l’Africa. Gli IDE greenfield sono stati diretti
principalmente verso i settori dell’industria e del commercio/servizi,
energetico e non energetico, minerario e di trasformazione. Gli IDE legati alle
fusioni e acquisizioni sono stati distribuiti principalmente nei settori
dell’estrazione e lavorazione non energetica e dell’energia.
La maggior parte degli IDE greenfield e di M&A per
iniziative energetiche hanno sostenuto progetti di combustibili fossili
(petrolio e gas/GNL), mentre gli IDE greenfield hanno sostenuto l’energia
rinnovabile in una percentuale più elevata (8%) rispetto ai prestiti DFI.
“Circa un terzo degli investimenti minerari non energetici ha sostenuto progetti relativi al rame, principalmente nella Repubblica Democratica del Congo, in Zambia e in Uganda. Insieme al cobalto e al litio, che sono stati tra i principali materiali finanziati, questi materiali sono materie prime importanti per la catena di fornitura delle batterie dei veicoli elettrici, così come per altre tecnologie di energia rinnovabile. Sia l’alluminio che il ferro svolgono rispettivamente un ruolo essenziale nei pannelli solari fotovoltaici (PV) e nelle infrastrutture eoliche”.
In conclusione il rapporto sostiene che “l’impegno
economico passato ha comportato sia il sostegno finanziario
all’elettrificazione che aumenta l’accesso all’energia, sia l’esplorazione e
l’estrazione di materie prime ai fini delle esportazioni in Cina”.
“Questi percorsi hanno aiutato i paesi africani a superare i colli di bottiglia infrastrutturali, ma hanno anche replicato modelli commerciali in cui l’Africa scambiava le sue risorse primarie con beni finiti. Le tendenze in corso verso l’aumento dei finanziamenti degli IDE, che si sono in gran parte basati su progetti di estrazione, non sono di buon auspicio per allineare l’impegno economico cinese con gli obiettivi di sviluppo a basse emissioni di carbonio nella regione. L’impegno futuro dovrà trovare un equilibrio tra questi due percorsi, in cui finanziamenti con prestiti altamente agevolati, investimenti diretti esteri e commercio possano concentrarsi sulla capitalizzazione delle vaste risorse di energia rinnovabile di cui dispongono i paesi africani per raggiungere i propri obiettivi di accesso all’energia e di transizione”.