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GENNAIO 2023 PAG. 40 - Il regime giuridico degli idrovolanti e loro circolazione


 


Nella prima metà del Novecento gli idrovolanti erano largamente diffusi, soprattutto nel settore civile, perché, in un’epoca di scarse infrastrutture aeroportuali, non avevano bisogno di piste appositamente predisposte ma solo di una superficie d’acqua (mari, laghi o bacini artificiali). 

Successivamente, il rapido sviluppo assunto dall’aviazione terrestre determinò, entro la fine degli anni trenta, l’abbandono degli idrovolanti, risultati soggetti a notevole limitazione di impiego.

Prima dell’entrata in vigore del Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Codice della Navigazione) il tema del regime giuridico concernente la circolazione degli idrovolanti, sin dal momento della loro entrata in funzione, ha suscitato ampio dibattito nella dottrina giusnavigazionista della prima metà dello scorso secolo che si è divisa tra i sostenitori dell’inquadramento nel diritto marittimo e tra quelli che, al contrario, ne hanno sostenuto l’appartenenza al diritto aeronautico.

Gli studi e i relativi approfondimenti sulla materia hanno visto sicuramente prevalere i fautori della seconda tesi che ha inserito gli idrovolanti tra gli aeromobili e l’applicazione del diritto aeronautico salvo i casi in cui il regime navale è adottato per non turbare la navigazione marittima.

Secondo consolidata giurisprudenza il diritto marittimo è invece applicabile, in via residuale, in occasione di urti con navi o nei casi di soccorso in mare o rimorchio pur precisando che trattasi di aeromobile anche quando flotta sull’acqua.

Infatti per l’articolo 1, Regio Decreto 11 gennaio 1925, n. 356 concernente “Regolamento per la navigazione aerea”, in combinazione con la Legge 31 gennaio 1926 n. 753 l’idrovolante è considerato “velivolo destinato a partire dall’acqua e a ritornarvi” sull’esempio della Convenzione, firmata a Parigi il 13 ottobre 1919, sul Regolamento della Navigazione Aerea (allegato D. definizioni).

L’idrovolante fu, dunque, definito aeromobile atto per la sua struttura ad ammarare e a decollare sopra l’acqua non rientrando, perciò, fra le navi in senso giuridico: posto che nave, in diritto marittimo, è ogni costruzione non soltanto atta a muoversi sulle acque ma normalmente destinata a navigare.

Per quanto concerne la fase dell’impiego “acquatico”, l’idrovolante aveva il libero accesso ai porti, consacrato nella Convenzione, firmata a Ginevra il 9 dicembre 1923, sul regime internazionale dei porti marittimi.

In caso di simultaneo accesso con le unità navali la decisione era riservata allo Stato costiero.

Per quanto concerne il diritto internazionale uniforme oltre alla citata Convenzione di Parigi del 1919 che va integrata con quella firmata a Chicago il 1° novembre 1944, relativa all’aviazione civile internazionale, la Regola 3, lett. e) del Regolamento del 1972 per la prevenzione degli abbordaggi in mare (COLREG) considera idrovolante “qualsiasi aereo destinato a manovrare sull’acqua”.

A livello comunitario gli idrovolanti rientrano tra gli “aeromobili complessi” dal Regolamento (UE) n. 216/2008, del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea, quando vengono utilizzati “in operazioni di trasporto commerciale devono necessariamente operare da un aeroporto adatto allo scopo così come stabilito dal Regolamento (UE) n. 965/2012”.

Partendo dalla normativa unionale l’ENAC, con Regolamento 8 febbraio 2016 concernente “Idroscali Marini per operazioni di trasporto commerciale”, ha disciplinato le infrastrutture riservate a tali velivoli.

Nel regolamento sono definiti “idroscali” gli aerodromi ubicati sul mare o altri specchi d’acqua, utilizzabili da idrovolanti o aeromobili anfibi.

In particolare è definito “Idroscalo Marino” un aeroporto con area di operazioni posta sul mare, dove possono operare idrovolanti complessi in operazioni di traffico commerciale e “Zona di Ormeggio” la parte di un idroscalo marino adibita all’ormeggio degli idrovolanti ed alle operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri.  

Gli idroscali marini vengono istituiti a seguito di un’autorizzazione rilasciata dall’ENAC, a seguito di apposita domanda che può essere presentata solo da persone giuridiche.

La domanda va inviata in copia al Questore, all’Ente competente per la gestione del demanio marittimo ed al Comando delle Capitanerie di Porto. 

La copia della domanda per l’ENAC deve contenere i seguenti allegati: a) Manuale dell’Idroscalo Marino; b) descrizione delle responsabilità organizzative; c) evidenza della disponibilità di un’area di ormeggio (o di movimentazione a terra); d) (se applicabile) richiesta alle autorità marittime per l’istituzione delle seguenti due aree a traffico regolamentato: area 1: raccordo di manovra; area 2: area di corsa (sia per la navigazione che per la pesca).   

Il titolare dell’autorizzazione assume la funzione di “gestore aeroportuale” e l’utilizzo è consentito a tutti gli operatori e soggetti privati che ne facciano richiesta all’esercente, secondo le condizioni e le procedure contenute nel Manuale dell’Idroscalo Marino.

L’area delle operazioni può non essere riservata all’utilizzo esclusivo degli idrovolanti ed in tal caso l’ENAC valuta le decisioni delle autorità marittime relative.

Sul punto occorre chiarire che la coesistenza e la gestione del traffico degli aeromobili con quello marittimo sull’area delle operazioni avviene in accordo del Regolamento (UE) n. 923/2012, della Commissione, del 26 settembre 2012, che stabilisce regole dell’aria comuni e disposizioni operative concernenti servizi e procedure della navigazione aerea e dell’Allegato concernente le Regole dell’Aria (nel caso di specie: SERA.3230) nonché della parte aeronautica del codice della navigazione. Se l’area delle operazioni si trova all’interno di porti e canali, si applica, come vedremo, l’articolo 62 cod. nav.

In tale ultimo caso le regole di traffico e le priorità al transito agli idrovolanti nel raccordo sono stabilite delle autorità marittime competenti localmente.

Resta punto fermo che le suddette operazioni debbono svolgersi nel rispetto della COLREG 1972.

Con l’avvento del Codice della Navigazione del 1942 si fa riferimento a tali apparecchi nell’articolo 62, rubricato “Movimento delle navi nel porto”. Secondo tale disposizione “Il comandante del porto regola e vigila, secondo le disposizioni del regolamento, l’entrata e l’uscita, (….) l’ammaramento, lo stanziamento e il movimento degli idrovolanti nelle acque del porto.

A questa disposizione si aggiunge il Decreto Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952 n. 328, concernente Regolamento della Navigazione Marittima all’articolo 59, rubricato “Ordinanza di polizia marittima”, in cui si prevede: “A norma degli  articoli  30,  62  e  81  del  codice  il  capo  del compartimento marittimo,  in  cui  sia  ritenuto necessario,  regola  con  propria  ordinanza   pubblicata   nell’albo dell’ufficio: 1) la ripartizione degli spazi acquei per lo stazionamento  (….) degli idrovolanti; (…) 9)  (…) l’ammaraggio e la partenza degli idrovolanti (…). 

Dal punto di vista del suo inquadramento giuridico, con l’entrata in vigore del codice della navigazione e della riforma della sua parte aeronautica, in quanto “aeromobile” un idrovolante rientra nel regime di cui all’articolo 743 cod. nav.

Diverso regime si riscontra, invece, in ordine alla circolazione degli idrovolanti in quanto occorre far riferimento al Decreto Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 133, recante “Nuovo regolamento di attuazione della legge 25 marzo 1985, n. 106, concernente la disciplina del volo da diporto o sportivo” il cui articolo 6, rubricato “Uso delle aree per decollo e atterraggio”, al comma 2 stabilisce che “Le operazioni di attracco ed ormeggio degli idrovolanti e degli anfibi sono assoggettate alle stesse regole di navigazione vigenti per i natanti da diporto. In fase di flottaggio, agli idrovolanti ed agli anfibi non sono applicabili limitazioni legate alla potenza della motorizzazione imposte dalla normativa vigente in materia di circolazione di natanti. Limitazioni di velocità sono applicabili solo alle fasi di flottaggio che seguono il completamento della manovra di ammaraggio o che precedono l’avvio di quella di decollo”.

La “novità” in tema di circolazione di idrovolanti è, dunque, rappresentata dal loro assoggettamento al regime giuridico dei natanti e quindi dal combinato disposto di cui agli articoli 2054 cod. civ. e 40 Decreto Legislativo n. 171 del 2005 e ss. mm. ii, concernente Codice della Nautica da Diporto.

Dal punto di vista del loro utilizzo “turistico-ricreativo” questa “assimilazione” legittimerebbe, da parte dell’interessato, una richiesta di concessione demaniale marittima in uno specchio acqueo portuale come “approdo” definito, ai sensi dell’articolo 2, lett. b) del Decreto Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997 n. 509, “la porzione dei porti polifunzionali aventi le funzioni di cui all’articolo 4, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, destinata a servire la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari”.

Ne consegue che le attività svolte nell’area in concessione dovranno essere appositamente regolamentate ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 62 cod. nav. e 59 reg. nav. mar.

Avv. Alfonso Miglione


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