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FEBBRAIO 2024 PAG. 14 - Logistica, scenario tra passato e futura transizione ecologica

 

Logistica, scenario tra passato e futura transizione ecologica


Come ben spiegato da Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi, anche il mondo della logistica vive in uno scenario divaricato. Da una parte il futuro, con la transizione ecologica e la digitalizzazione incipiente, dall’altro il passato, sotto forma di tensioni geopolitiche che mettono in discussione lo spazio liscio della globalizzazione. È tra questi due poli che ha oscillato la discussione del secondo “Shipping, Transport & Intermodal Forum”, primo appuntamento di respiro nazionale del settore in questo 2024, organizzato a Rapallo da Transport in collaborazione con The International Propeller Club Port of Genoa. Appuntamento che ha restituito uno sguardo a tutto tondo delle tematiche da affrontare nell’immediato, a cominciare dall’analisi dell’aggravio di costi generato dalle rotte alternative che le navi devono pianificare per evitare le criticità relative al canale di Suez e al Mar Rosso. Ma anche occasione per presentare le proposte per superare questa difficile congiuntura nazionale e interazionale. 

Dal palco del Forum è spiccata innanzitutto la richiesta del Viceministro Edoardo Rixi: “UE deve accorgersi che esiste il Mediterraneo”.  Rixi ha inoltre sottolineato come l’Italia possa diventare un hub logistico anche per le attività di bunkeraggio, evidenziando l’importanza di definire in maniera concreta lo snellimento della burocrazia per permettere un funzionamento ottimale dell’intero cluster trasportistico logistico.  Tema altrettanto importante è rappresentato dalla strategicità del bacino del Mediterraneo a cui l’UE deve dare ulteriori strumenti per aumentarne la competitività. L’Ammiraglio

Aurelio De Carolis (Comandante della Squadra Navale della Marina Militare Italiana). “La minaccia Houthi è problema enorme, la nostra presenza nell’area continua: assicuriamo protezione navi. Stiamo lavorando molto bene con le compagnie di navigazione assicurando la protezione di queste navi. Non facciamo la scorta secondo i canoni tradizionali ma siamo lì vicini e manteniamo le navi nell’ambito della portata delle armi delle nostre fregate. Al momento per proteggere le navi e gli interessi nazionali abbiamo un numero sufficiente di capacità in zona”.

Alessandro Pitto (Presidente Fedespedi). “Il canale di Suez è considerato il quarto choke point al mondo. Da qui passa infatti il 12% del commercio internazionale, il 10% del petrolio, l’8% di gas naturale. Difficile stimare quanto potranno crescere i noli, ma l’impatto in termini di costi di trasporto ci sarà: secondo le previsioni del centro studi Fedespedi, considerando il solo costo del carburante, il passaggio per il Capo di Buona Speranza in alternativa al Canale di Suez ha una maggiorazione di costo compresa fra i 650 mila e 1 milione di dollari americani”. Numeri che “evidenziano come le catene logistiche debbano organizzarsi in ottica di resilienza e minimizzazione dei rischi, puntando su vie di approvvigionamento alternative e sull’ampliamento delle riserve a magazzino. Le imprese di spedizioni come sempre sono al fianco degli operatori del commercio internazionale e, proprio in queste situazioni di criticità ed emergenza, sono in grado di affiancare le imprese per valutare e proporre soluzioni per contenere disservizi e ritardi”.

Giovanni Toti (Presidente di Regione Liguria). “L’Italia sta correndo di più della media dell’Europa. È falsa la narrazione di un Paese in profonda crisi, se vediamo i dati dell’economia, questa crisi di fatto non l’abbiamo mai vissuta. L’Italia sta correndo più della media dell’Europa e la Liguria, cambierà la competitività del Paese, grazie a infrastrutture come Terzo Valico e nuova diga porto”.

Marco Campomenosi (Parlamentare europeo). Il rafforzamento del settore passa anche da una maggiore efficienza del framework normativo, sia nazionale sia comunitario: “andrebbe rinforzato il sistema delle dogane e occorre dividere in due categorie i porti italiani: quelli che concorrono direttamente con gli scali europei dagli altri porti in modo da consegnare ai primi strumenti adeguati. Questa divisione la deve fare la politica”. A livello europeo la Commissione deve dotarsi di “decreti applicativi” in grado di valorizzare le sue leggi: “se le norme non sono applicate correttamente l’aumento dei costi si riverserà sulla competitività complessiva del sistema”.   

Pino Musolino (Presidente MedPorts). “È stato ribadito con chiarezza come il Mediterraneo sia al centro dei traffici e come l’Italia sia al centro del Mediterraneo. Ma c’è un’atra realtà emergente che è importante tenere in considerazione e coinvolgere, si tratta di quei Paesi che erroneamente venivano considerati meno sviluppati e che invece sono in piena espansione. Sto pensando paesi come Marocco, Tunisia, Egitto, sto parlando di porti come Tangeri che nel 2022 ha raggiunto i 7,6 milioni di TEU. Il modello di governance per i prossimi anni? Senza dubbio è necessario velocizzare burocrazia e sistemi decisionali, ma soprattutto cucire addosso alle esigenze della nostra portualità un modello che ci indichi dove vogliamo andare”. Un ultimo passaggio sul tema commissariale: “In un momento delicato come questo, dove devono essere portate a termine le opere del PNRR, non serve un no a priori alla nomina di un commissario, ma piuttosto decreti che permettano anche all’Autorità commissariale di avere poteri reali che vadano oltre all’ordinaria amministrazione”. 

Fulvio Lino di Blasio (Presidente AdSPMAS). “Noi abbiamo il dovere di rimettere la portualità al centro della politica economica e non solo a livello di governance. Per questo serve innanzi tutto velocizzare la burocrazia e il processo decisionale, anche per quello che riguarda le grandi opere. La riforma non va solo aspettata ma va già ora accompagnata, per fare un esempio, penso alla digitalizzazione”. Per chiudere con una risposta anche da parte di Assoporti alle sollecitazioni rivolte all’Europa arrivate dal Viceministro Rixi e dall’eurodeputato Campomenosi: “Una proposta subito, ovvero l’estensione delle autostrade del mare anche a quelli che sono i porti del Mediterraneo fuori dall’Unione Europea”.  

Alberto Rossi (Segretario Generale Assarmatori). Le norme internazionali stanno cambiando i paradigmi del trasporto e rischiano di mettere a repentaglio soprattutto i servizi di prossimità e di turismo nei confronti della maggiore popolazione insulare europea, quella italiana. “Stiamo facendo sforzi importanti in questo senso. I filoni sono sostanzialmente tre. Il primo è l’ETS, per il quale dobbiamo spendere bene, in ottica decarbonizzazione, i fondi che saranno generati; quindi la FUEL EU, che ha un calendario irrealizzabile per la riduzione delle componenti tossiche dei carburanti fossili; infine l’AFIR: entro fine anno dobbiamo comunicare all’UE il nostro piano per l’infrastrutturazione necessaria per i carburanti alternativi, ma non sappiamo quale sceglierà il mercato. Un aspetto positivo è la grande consapevolezza del Governo italiano su questi problemi”. 

Luca Sisto (DG Confitarma). La crisi del Mar Rosso si sta aggiungendo alle altre importanti sfide che lo shipping sta affrontando negli ultimi anni, dalla digitalizzazione alla transizione ecologica. “In questo contesto la parola chiave per lo sviluppo della nostra flotta è certamente ‘competitività’ soprattutto in periodi complessi come quello attuale”. Le tematiche riguardanti i porti, inoltre, “non andrebbero scisse da quelle della navigazione”. Così come servirebbe più concertazione nella definizione delle norme: “Nei 450 milioni previsti dal PNRR per il refitting delle flotta c’è qualcosa che non va nella scrittura, andrebbe organizzato un tavolo industria – decisori”. 

Luigi Merlo (Presidente Federlogistica). Il cambiamento climatico è un fattore impattante sul futuro dei porti al pari delle tensioni geopolitiche e richiama investimenti in grado di adeguarli ai mutamenti operativi. “I porti italiani vanno organizzati in modo diverso, un ruolo che penso stia molto a cuore alle Capitanerie, noi abbiamo bisogno di attrezzare gli scali in modo più dettagliato in termini di investimenti anche minimali, penso alle bitte o ai parabordi, che troppo spesso non sono adeguati alle esigenze del dimensionamento navale o di fenomeni straordinari. Vediamo in continuazione navi che strappano gli ormeggi, con rischi potenziali per interi porti, anche nelle ultime settimane purtroppo è accaduto”.

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