Approvata la nuova legge quadro sugli interporti
La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la nuova legge quadro sugli interporti, con 132 voti favorevoli e 76 contrari. Il provvedimento, che sostituisce la legge n. 240 del 1990, ridefinisce l’interporto come infrastruttura strategica di interesse nazionale, ponendo le basi per una logistica più integrata, efficiente e sostenibile.
La riforma si inserisce nel più ampio quadro della modernizzazione del sistema logistico nazionale, in linea con il Piano strategico della portualità e della logistica e con gli obiettivi del PNRR (Missione 3, Componente 2: “Intermodalità e logistica integrata”). L’obiettivo è razionalizzare e potenziare il sistema interportuale in coerenza con le reti transeuropee dei trasporti (TEN-T), rafforzando il ruolo degli interporti come nodi centrali della catena logistica.
Tra le finalità principali figurano l’incremento dell’intermodalità terrestre, la riduzione dell’impatto ambientale dei flussi di trasporto, l’uso razionale del territorio e la promozione della sostenibilità economica, sociale e ambientale. La nuova definizione di interporto, ora qualificato come “complesso organico di infrastrutture e servizi integrati di rilevanza nazionale, gestito in forma imprenditoriale”, sancisce il riconoscimento del modello di gestione privatistica già affermato nella prassi e nella giurisprudenza amministrativa.
La legge istituisce un nuovo Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, presieduto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con il compito di programmare e coordinare lo sviluppo degli interporti, promuovere l’integrazione tra i diversi sistemi di trasporto e favorire la collaborazione con le Autorità di Sistema Portuale.
Il provvedimento prevede anche la redazione del Piano generale per l’intermodalità , che dovrà essere elaborato dal MIT entro un anno, previo parere del Comitato e intesa in Conferenza Unificata.
Uno dei punti più innovativi è l’introduzione di criteri rigorosi per la localizzazione e lo sviluppo di nuovi interporti.
La legge impone sette condizioni essenziali, tra cui la disponibilità di collegamenti diretti con la rete ferroviaria e con porti o aeroporti, la coerenza con i corridoi TEN-T, la sostenibilità finanziaria e l’utilizzo prioritario di aree già bonificate. È inoltre previsto un tetto massimo di 30 interporti a livello nazionale, per evitare la frammentazione e orientare gli investimenti verso infrastrutture realmente strategiche.
I progetti dovranno includere terminal ferroviari idonei alla formazione di treni completi, aree di sosta per veicoli industriali, servizi doganali, centri direzionali e sistemi certificati di efficienza energetica. Gli interporti dovranno anche dotarsi di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e garantire elevati standard di sicurezza e sostenibilità .
Sul piano economico e giuridico, la legge qualifica la gestione degli interporti come attività di prestazione di servizi svolta in regime concorrenziale, affidata a soggetti operanti in diritto privato. È prevista la possibilità di costituire un diritto di superficie sulle aree pubbliche e, successivamente, di trasformarlo in diritto di piena proprietà , offrendo maggiore certezza agli investitori.
Per l’attuazione della riforma è autorizzata una spesa complessiva di 25 milioni di euro: 5 milioni nel 2025 e 10 milioni per ciascuno degli anni 2026 e 2027. I finanziamenti premieranno i progetti più coerenti con gli obiettivi di sostenibilità e riduzione dell’impatto ambientale. Questi ultimi saranno approvati tramite accordi di programma con una procedura semplificata che dovrà concludersi entro quattro mesi, prorogabili una sola volta per due mesi.
Particolare attenzione è dedicata al potenziamento della rete ferroviaria: i gestori potranno adeguare a proprie spese le connessioni di “ultimo miglio”, mentre le società di gestione dovranno stipulare accordi con RFI S.p.A. per assicurare l’integrazione infrastrutturale e l’allineamento agli standard europei di sagoma, modulo e peso assiale.
Il testo stabilisce inoltre l’abrogazione esplicita della precedente legge 240/1990 e di altre disposizioni collegate, imponendo alle regioni e alle province autonome l’adeguamento delle normative entro sei mesi.
L’approvazione della riforma è stata accolta con favore dall’Unione Interporti Riuniti (UIR). “Si tratta di un grande risultato: infatti, la nuova norma recepisce in larga parte la visione promossa dalla UIR volta a dare al sistema interportuale italiano un assetto normativo moderno e coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e intermodalità ”, ha dichiarato il presidente dell’associazione Matteo Gasparato, aggiungendo che “il testo rappresenta senza dubbio una buona base da cui partire in seguito per ulteriori migliorie”.
Secondo la UIR, la nuova legge fornisce finalmente uno strumento normativo moderno e adeguato alle esigenze del settore, dopo 35 anni dalla prima legge istitutiva del sistema interportuale. L’associazione auspica ora che la fase attuativa traduca rapidamente i principi della riforma in misure concrete, capaci di sostenere lo sviluppo, la sostenibilità e l’equilibrio territoriale del sistema interportuale nazionale.
“Il riconoscimento del valore strategico delle infrastrutture interportuali segna una reale considerazione per il ruolo di asset nazionale che l’interportualità ricopre," conclude Gasparato. "Per gli interporti, in un contesto internazionale sempre più competitivo, questa legge rappresenta un'opportunità concreta per rafforzare il ruolo strategico dell'Italia nella logistica euro-mediterranea, valorizzando una rete che già oggi vede cinque interporti italiani tra i primi dieci in Europa. In definitiva, finalmente si dà atto in maniera inequivocabile che l’intermodalità e il network degli interporti italiani rappresentano una parte non trascurabile dell’ossatura del nostro Paese, alla stregua di altre reti ed infrastrutture strategiche”.
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