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Fercargo: nasce l’Associazione Ultimo Miglio

 


Dal 1° gennaio 2026, la Confederazione FerCargo darà vita a una nuova entità associativa denominata Associazione Fercargo Ultimo Miglio, risultato della fusione tra le attuali sigle Fercargo Manovra e Fercargo Terminal. La decisione, presa dalla Giunta della Confederazione presieduta da Mauro Pessano, punta a rafforzare la rappresentanza unitaria delle imprese attive nelle attività ferroviarie di manovra e nei terminal intermodali, concentrando sotto un’unica struttura competenze complementari. 
Secondo quanto comunicato da FerCargo, l’iniziativa nasce dall’esigenza di integrare professionalità e risorse operative in un segmento cruciale del trasporto ferroviario. L’ultimo chilometro, che comprende le operazioni di manovra dei carri e la gestione dei terminal dove le merci vengono caricate, scaricate o trasferite, rappresenta un nodo operativo determinante per l’efficienza della catena logistica. 
La nuova Associazione sarà presieduta da Roberto Lupi, attuale presidente di Fercargo Manovra, che guiderà la fase di transizione verso la fusione organizzativa. Lupi ha sottolineato come l’iniziativa risponda alla necessità di colmare un vuoto di rappresentanza per un ambito operativo che, pur essendo strategico per la sostenibilità e la puntualità del trasporto ferroviario, “non ha finora ricevuto un’attenzione adeguata da parte delle istituzioni”. 
FerCargo evidenzia che l’unione sotto un’unica sigla permetterà una maggiore coerenza nelle interlocuzioni con Rete Ferroviaria Italiana e le amministrazioni competenti, facilitando il confronto su aspetti normativi, manutentivi e gestionali dei raccordi ferroviari. La nuova configurazione associativa consentirà inoltre di consolidare la visione unitaria della confederazione, orientata alla promozione di un sistema ferroviario merci moderno e integrato con i modelli europei, fondato sulla liberalizzazione e sulla qualità dei servizi. 
“Quando parliamo di sostenibilità del trasporto ferroviario, pensiamo subito ai grandi corridoi europei, alle locomotive elettriche o alla riduzione di CO2 per tonnellata-km, ai problemi delle chiusure delle linee per lavori, alla sostenibilità economica del trasporto stesso,” ha commentato Lupi. “Ma la vera sfida per noi operatori del trasporto inizia anche e soprattutto nei primi e negli ultimi momenti del viaggio, quelle poche centinaia (a volte solo decine) di metri in cui si espletano tutte le operazioni (spesso appunto ‘dimenticate’), che fanno parte del cosiddetto Ultimo Miglio.” 
Di questa fase trasportistica fanno parte numerosi attori del settore: aziende attive nella manovra dei carri ferroviari, siti intermodali, terminal ferroviari e i relativi gestori e operatori. Lupi ha aggiunto: “Che costoro siano porti, stabilimenti industriali, terminal intermodali o piattaforme, il loro minimo comun denominatore è inequivocabile: tutti hanno in comune i binari, dunque i raccordi ferroviari, e di conseguenza i rapporti con i gestori della rete Rfi, e i relativi problemi normativi e manutentivi connessi”. 
Fercargo intanto ha lanciato nei giorni scorsi un allarme sulla revisione europea della direttiva Pesi e Dimensioni dei camion, evidenziando come l’introduzione generalizzata dei mezzi modulari da 44 tonnellate e 26 metri di lunghezza rischierebbe di compromettere gli investimenti miliardari del Pnrr destinati alla ferrovia e di rendere irraggiungibili gli obiettivi europei di crescita del trasporto ferroviario merci al 2030 e al 2050. 
“In Italia, con una rete stradale fragile e un sistema ferroviario che ha beneficiato di ingenti investimenti pubblici, non possiamo permetterci un provvedimento che aumenterebbe i rischi per le infrastrutture e vanificherebbe gli obiettivi di trasferimento modale su ferrovia. Non si tratta di una battaglia tra ferrovia e strada ma di difendere l’interesse generale dei cittadini e la sicurezza del Paese,” si legge in una nota della confederazione. 
Il rischio concreto, avverte Fercargo, sarebbe quello di “spingere ulteriormente traffici dalla ferrovia alla strada”. Per questo, la confederazione chiede al Governo di riconsiderare con urgenza la posizione italiana e di aprire un confronto con il settore, perché la direttiva “non solo indebolisce la ferrovia, ma mette a rischio la sicurezza delle infrastrutture e la salute dei cittadini, andando contro gli stessi obiettivi ambientali ed economici dell’Unione Europea”.
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