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Reshoring del lusso, il know-how italiano al centro

 


Il ritorno dei centri logistici del lusso sul territorio nazionale, evidenziato dal report di Banca d’Italia “Fading glamour: are Italy’s fashion exports in trouble?” non è solo una questione fiscale, ma rivela un vantaggio competitivo dell’Italia troppo spesso sottovalutato: know-how specifico e flessibilità operativa. Ne parliamo con Riccardo Fuochi, Presidente di Swiss Logistic Center, e operatore logistico con consolidata esperienza nel settore fashion. 
Come legge il fenomeno del reshoring emerso dal report? 
Diciamo che è stato un fenomeno forzato, se vogliamo. L’orientamento dei flussi verso la Svizzera, dove si era creata la fashion valley del Ticino, era determinata principalmente da un trattamento fiscale estremamente favorevole che il Cantone aveva concesso ai grossi Gruppi del settore. Venendo a mancare quest’ultimo è emersa la sostanziale anomalia della situazione. La dislocazione logistica oltralpe non aveva senso logico né in funzione dei costi, né della collocazione geografica. 
Lo studio evidenzia come le regole del gioco logistico siano dettate dai grandi gruppi. Qual è la differenza per le realtà medio-piccole? 
Per quanto riguarda i brand italiani le strutture distributive sono prevalentemente concentrate nella penisola o comunque non lontano dai confini. Il discorso cambia con le multinazionali che concentrano la logistica in paesi come l’Olanda, la Germania e recentemente la Polonia. Una scelta frutto di un pregiudizio sulle eccessive difficoltà, a cominciare dalla burocrazia, che caratterizzano l’attività in Italia. E invece noi possiamo contare su un know how sulla logistica della moda sconosciuto in altri paesi, oltre una flessibilità operativa che rappresenta un vantaggio competitivo rispetto alla rigidità dei centri di distribuzione in Nord Europa. 
Questo significa che ci sarebbero ulteriori margini per favorire il reshoring? 
Assolutamente sì. Anche perché con la prossima attuazione delle Zone Logistiche Semplificate e le Zone Economiche Speciali, saremo in grado di amplificare ulteriormente questi aspetti di attrattività. Ovviamente sarà necessario intraprendere un’azione di marketing, di conoscenza e di informazione sul prodotto logistico che si offre. Abbiamo tutti gli strumenti per essere competitivi. Soprattutto nel settore della moda abbiamo acquisito una sensibilità, una conoscenza, proprio perché è radicata nel territorio. In questo senso potrebbe essere utile l’aggregazione delle PMI in reti per fare massa critica? 
Sì. Nel momento in cui ci sono le condizioni e le strutture, anche l'azienda medio-piccola può essere favorita nella scelta di un hub logistico funzionale. Mi riferisco soprattutto all’efficienza dei processi e all’ottimizzazione delle risorse da investire. Anche il segmento del lusso sta evolvendo verso una automatizzazione spinta e una piccola azienda da sola non potrebbe farcela. 
Il settore sta subendo le conseguenze della guerra tariffaria? 
Come qualsiasi tipologia di prodotto. Piuttosto l’imposizione di dazi potrebbe influire in relazione alla delocalizzazione dalla Cina verso altri paesi del Sud Est Asiatico, spesso meno organizzati sotto l’aspetto logistico. È li che si potrebbe verificare un’impennata dei costi. 
Lei opera da anni a Hong Kong. Qual è lo stato di salute della moda italiana lì? 
Come mercato locale la situazione è in rallentamento. I flussi turistici sono cambiati: il numero di presenze è sempre elevato, però sono più i cinesi rispetto agli occidentali che vengono qui per fare shopping. Pesa anche la svalutazione dello yen e la competizione del Giappone, che sta diventando il punto di riferimento per il settore. Detto questo l’ex colonia britannica rimane il miglior hub logistico per la distribuzione inter-asiatica. 
Quali sono i mercati più promettenti per la moda italiana in Asia? 
Il Sud-Est sta crescendo molto ma anche la Cina tiene abbastanza bene. La grandezza potenziale del mercato riesce ad assorbire anche la volatilità della domanda di grandi marchi legata ad un’economia che non galoppa come una volta. Sotto questo aspetto le opportunità non mancano. Soprattutto per le realtà di pura logistica. Ma questo è un discorso che riguarda la scarsa internazionalizzazione del settore in Italia, un tema che non si può racchiudere in due battute.
GG

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