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NOVEMBRE 2019 PAG. 20 - Successo Marebonus, portare il meccanismo in Europa







A margine de “Il logistico dell’anno”, manifestazione nella quale è stato premiato “per l’importante impegno nell’attività di studio e ricerca in ambito logistica e trasporti”, Francesco Benevolo, Direttore Operativo di Ram Spa, parla dello stato di salute delle autostrade del mare e dell’occasione che possono rappresentare per il rilancio dell’economia italiana.

Qual è lo stato dell’arte di questo particolare settore?
Le cifre testimoniano di un’ottimo stato di salute: ogni settimana sono registrate circa 600 partenze, l’offerta raggiunge oltre un milione e mezzo di metri lineari, l’80% dei servizi è effettuato da armatori nazionali. La copertura dello short sea shipping raggiunge complessivamente un livello di eccellenza, tanto che l’Italia è il primo paese nel Mediterraneo in questo tipo di attività. Ci sono due esigenze forti da affrontare: la tematica ambientale, con tutto il discorso relativo al rinnovo delle flotte per rendere sempre più green gli itinerari logistici, incrementare il carico delle navi, creando le condizioni favorevoli per l’autotrasporto.  

Un obiettivo, quest’ultimo, che passa attraverso una rimodulazione degli incentivi?
Il Marebonus, giunto alla sua seconda annualità, ha ottenuto risultati lusinghieri e recentemente è stato annunciato la proroga per un ulteriore anno. Il bersaglio grosso è però portare il meccanismo a livello europeo, inserendolo nelle discussioni per la programmazione dei fondi 2021-27. La soluzione adatta potrebbe essere congegnare uno strumento ad hoc rivolto al lato domanda, incentrato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale delle autostrade del mare.

Cosa cambierebbe rispetto all’attuale incentivo?
Incentivare un armatore ad inaugurare nuovi servizi potrebbe attirare l’attenzione sulle possibili distrosioni di mercato. Permettere invece a chi utilizza il sistema a scegliere la soluzione più conveniente, più efficiente e più sostenibile avrebbe un effetto leva sull’aumento della domanda. L’Ue, sotto questo aspetto, non dovrebbe nutrire perplessità. Tanto che l’iniziativa italiana del Marebonus, inaugurata nel 2002, è da tempo consederata come una best practice.

Un modo per riproporre a Bruxelles le specificità di un modello di portualità mediterranea?
Certo. Il ragionamento sull’incentivazione ormai riguarda anche altri partner comunitari come Spagna e Francia. Gli stessi scali del northern range stanno valutando positivamente la soluzione. È l’effetto di quello che viene chiamata la “logistica del capricco”. La distribuzione diventa sempre più diffusa e l’impiego dell’autotrasporto cresce anche a quelle latitudini. La questione ormai riguarda tutti non solo il nostro bacino.   

Come sono attrezzati i nostri porti per lo sviluppo dello short sea shipping?
Esiste un’indubbia overcapacity sul segmento container. Il valore delle autostrade del mare è stato sottovalutato. Eppure può rappresentare una chiave di volta per il rilancio economico di un’area strategica per tutta l’economia del paese come il Meridione. Fatto salvo i due-tre porti strategici per il traffico container, il corto raggio è la risposta ai mutamenti geopolitici che stanno investendo l’Africa. Prima o poi il la sponda Sud si stabilizzerà, Pechino ha impegnato oltre 5 miliardi di euro nell’area per lo sviluppo di attività manifatturiere. Questo significa che a breve il Mediterraneo sarà caratterizzata da un intensa movimentazione di semilavorati e prodotti finiti. 

In che modo puntare su questa scommessa?
La nostra portualità necessità di una forte azione di coordinamento. Ho avuto modo di verificare i grandi margini di crescita esistenti ma la riforma va portata a compimento guardando al contesto di riferimento. La penetrazione del nostro export non supera nella sua complessità i 2mila chilometri mentre la guerra dei dazi avrà come effetto collaterale il restringimento dei bacini di mercato. I cambiamenti andranno affrontati avendo una strategia chiara. Come dice il proverbio “nessun vento è buono per il marinaio che non sa dove andare”.
                                                                                                                                    Giovanni Grande
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