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Confitarma chiede una revisione dell'ETS

 


Intervento a cura di Luca Sisto Direttore Generale di Confitarma

L’Unione Europea ha avviato la consultazione pubblica per la valutazione e la revisione del sistema di scambio delle quote di emissione per il trasporto marittimo (EU ETS Maritime), con scadenza l’8 luglio 2025. 
Come Confitarma, accogliamo con favore l’opportunità di dialogo istituzionale con l’UE per la valutazione e la revisione del sistema. Da tempo, infatti, ribadiamo che il modo in cui è stato impostato il Green Deal europeo non è adeguato, né per i tempi né per le modalità. Le normative locali - come ETS e FuelEU Maritime - sono disallineate, per approccio ed obiettivi, rispetto a quelle adottate dall’IMO a livello internazionale e generano un aggravio gestionale ed una distorsione del mercato. A problemi globali devono corrispondere soluzioni globali e realistiche. È evidente che l’economia globale dipenderà ancora per diverso tempo dai prodotti fossili e, al tempo stesso, che dobbiamo poter programmare realisticamente l’utilizzo di combustibili alternativi. Ciò nonostante, il settore armatoriale è costretto a pagare delle “carbon tax” per un comportamento non virtuoso, ossia quello di utilizzare combustibili fossili, che non è possibile evitare. 
È una situazione “kafkiana” che inoltre genera un dannoso modal back shift verso il trasporto stradale - comportando un paradossale aumento delle emissioni inquinanti, distorsioni commerciali ed impatti sul libero scambio. 
Si stima che l’impatto economico della direttiva ETS, nel 2026 sarà, a livello europeo, pari a oltre 8 miliardi di euro e, a livello italiano pari a oltre 600 milioni di euro. 
L’impatto stimato del regolamento FuelEU Maritime (in vigore dal 1° gennaio 2025) è persino più grave rispetto all’ETS in quanto, oltre ad avere un effetto economico immediato sui conti economici delle compagnie di navigazione, obbliga a ridurre le emissioni di carbonio a prescindere dal fatto che le tecnologie a tal fine non sono ancora mature e disponibili su larga scala. Tale regolamento, infatti, comporta un incremento di costi per il comparto armatoriale europeo pari a 1.5 miliardi di euro per il solo 2025 e fino a 65 miliardi di euro all’anno dal 2050 in avanti. 
Come recentemente evidenziato anche dall’economista Carlo Cottarelli queste misure rappresentano un vero e proprio dazio indiretto auto-imposto dall’Ue alle sue imprese. Saranno particolarmente penalizzati, infatti, i traffici intracomunitari e nazionali con effetti importanti sui bilanci degli operatori e conseguente rincaro dei prezzi per i consumatori finali. La transizione ecologica del settore marittimo richiederà investimenti stimati in oltre 5 trilioni di dollari entro il 2050. In questo scenario, complesso e oneroso, gli armatori italiani si stanno distinguendo per un impegno concreto, strategico e orientato all’innovazione. 
L’armamento nazionale è da tempo protagonista di un percorso di rinnovamento tecnologico e sostenibile, con investimenti mirati sia sull’efficienza degli scafi che sui sistemi di propulsione. Solo nel quadriennio 2024–2027 sono state ordinate oltre 60 nuove unità, delle quali circa l’80% sarà predisposto per l’utilizzo di carburanti alternativi. 
Questo percorso conferma il ruolo degli armatori italiani come attori responsabili della transizione energetica, impegnati nella costruzione di un futuro sostenibile per lo shipping. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati da IMO e UE non può gravare esclusivamente sulla volontà e sulle risorse degli operatori: la decarbonizzazione è un processo complesso e non esiste una soluzione valida per tutte le tipologie di nave. 
Nel contesto attuale, i prezzi delle nuove costruzioni rimangono elevati, anche per via del costo delle tecnologie green. I carburanti alternativi sono ancora caratterizzati da sovraccosti significativi e da complessità nella distribuzione e nel rifornimento. 
Appare quindi evidente che le sole risorse private non bastano a sostenere il livello di investimenti, ricerca e innovazione richiesto dal settore. In questo senso, è prioritario che l’Italia accompagni lo sforzo dell’armamento nazionale, destinando le entrate generate dall’ETS alla creazione di un fondo marittimo settoriale dedicato alla transizione energetica per sostenere finanziariamente la transizione energetica del settore con incentivi per rinnovo ed ammodernamento del naviglio, per sostenere la ricerca, la produzione e l'acquisto di carburanti alternativi, ed incrementando significativamente gli stanziamenti del Sea Modal Shift. 
Tale supporto rappresenterebbe un volano decisivo nel processo di decarbonizzazione, salvaguardando al contempo la competitività internazionale del nostro sistema marittimo. 
Auspichiamo vivamente che la consultazione europea per la valutazione e la revisione del sistema ETS conduca verso un sistema più equilibrato, efficace e rispettoso delle specificità dell’industria marittima. L’Armamento da tempo chiede tale revisione e ribadiremo all’Amministrazione competente la nostra posizione anche in vista di tale consultazione.   

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