Interporti come leva della sostenibilità
Come spiegare questa nuova visione?
Credo che le infrastrutture, a cominciare dagli interporti, debbano semplificare il funzionamento dei mercati. Parliamo di realtà che devono ambire ad essere le aree retroportuali dei porti ma, anche, i porti delle città. L’attuale congestione che investe i centri urbani rende necessaria la presenza di “polmoni” in grado di alleggerire il sovraccarico di traffici che, per definizione, produce sovrapprezzi. E non solo in termini economici ma anche ambientali e sociali.
Quali interventi per rafforzare questa nuova impostazione?
Una strada potrebbe essere la semplificazione fiscale e la detassazione del trasporto merci su ferro. In un Paese come l’Italia, condannato dalla Corte europea per le eccessive emissioni di CO2, non si può pensare solo di abbassare la temperatura dei riscaldamenti tra ottobre e aprile. È troppo poco. Serve una forte incentivazione dello shift modale, come strumento di riposizionamento degli interporti in una strategia di economia veramente sostenibile. Uno scatto in avanti che non può prescindere dal rafforzamento dei collegamenti con i porti della penisola, via d’accesso al Mediterraneo.
Cosa manca o è mancato in questi anni?
Volendo usare una metafora: noi siamo il paese dei piazzali logistici privati. I quali, ovviamente, sono una cosa necessaria allo sviluppo della singola azienda ma non nell’ottica di una visione di bene collettivo. È qui che emerge la necessità di un supporto concreto alla rete interportuale: essa sola può organizzare volumi e attività che superando il piccolo cabotaggio possa rendere virtuosa la modalità di trasporto su ferro, con tutti i vantaggi che se ne possono trarre. Rispetto alla committenza il nostro comparto rappresenta solo un anello del dialogo: è dal centro che servono stimoli. Anche perché ne va della concorrenzialità del sistema-paese a livello globale.
Interporto di Bologna. Come inserirsi in questa nuova visione?
Siamo il più grande interporto italiano, con un fatturato che supera il miliardo e un impatto occupazionale pari a 6mila lavoratori diretti che raddoppiano con l’indotto. Una delle priorità, per garantire il miglior rapporto possibile con l’area urbana circostante, è l’allargamento del casello autostradale. C’è ancora tanta gomma che passa dal nostro sito: circa 5mila tir e le rispettive esigenze, quella dello scorrimento logistico ottimale e della qualità della vita dei cittadini, vanno contemperate. Poi ci sono tutta una serie di iniziative che hanno un effetto concreto anche per il territorio.
Qualche esempio?
Entro la fine dell’anno realizzeremo la più grande comunità energetica d’Italia: 900mila metri quadri di pannelli fotovoltaici, sulle coperture dei nostri capannoni. Creeremo più energia di quanto ci serva, così riusciremo a restituire ricchezza al territorio sotto forma, ad esempio, di illuminazione ai comuni. Grande attenzione, poi, la riserviamo al welfare, dal progetto per un asilo nido per i nostri dipendenti alla creazione di una “school” per la tutela della qualità del lavoro. L’obiettivo è creare un rapporto più virtuoso, basato sulle buone pratiche, con le imprese locali.