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Un polmone intermodale per il porto di Livorno


 

La Darsena Toscana è l’infrastruttura attorno a cui girerà la maggior parte delle attività logistiche dell’area livornese. Permetterà di ospitare portacontainer di grandi dimensioni (15mila-18mila TEU) dal Far East e Medio Oriente, con conseguenze a cascata per tutta la catchment area dello scalo toscano che attualmente trova sfogo su Genova e La Spezia. Effetti positivi che riguarderanno da vicino anche Interporto della Toscana Centrale, già alle prese con una serie di adeguamenti che lo renderanno un anello fondamentale per le future supply chain affacciate sul Tirreno settentrionale. Il CEO Antonio Napolitano parla di queste nuove prospettive con PORTO&interporto. 
Quali sono i principali interventi che riguardano l’interporto? 
Sono in via di completamento una serie di opere che miglioreranno la connettività complessiva della nostra struttura e, in particolare, i collegamenti con l’area portuale. Nel 2026 sarà completato lo scavalco ferroviario che renderà possibile la relazione diretta su ferro tra porto e interporto. Nello stesso periodo dovrebbe essere pronta anche la risagomatura delle gallerie sulla tratta Prato-Bologna, intervento particolarmente importante perché permetterà di caricare i semi-rimorchi direttamente sui vagoni ferroviari. Poi c’è la linea Collesalvetti-Vada, in fase di progettazione esecutiva. L’obiettivo è essere pronti per cogliere le grandi opportunità di crescita di traffico derivanti dalla presenza della Darsena Europa. 
Le prospettive sul medio termine? 
Cominciare a sfruttare la leadership di Livorno nel settore delle “autostrade del mare”. Ad oggi nessuno dei 600mila mezzi imbarcati e sbarcati nel porto sfrutta l’opportunità dello shift modale. Intercettare anche solo il 10% di questo traffico aprirebbe prospettive più che interessanti. In una situazione in cui la movimentazione si forma tutta all’interno dell’interporto avremmo la possibilità di utilizzare pienamente gli attuali binari da 600 metri e cominciare a ragionare concretamente per la realizzazione di una linea da 750 metri, così come nella visione di RFI. 
Quale tipo di merci passa oggi dall’interporto? 
Attraverso i nostri magazzini passa circa il 75% del vino destinato al mercato USA. Gli altri settori merceologici coprono il settore della moda, l’automotive, la GDO di prodotti alimentari, con un interessante sviluppo anche in un settore di grande specializzazione come il project cargo. Ovviamente, a livello di traffici, stiamo registrando un andamento altalenante, dovuto alla grande incertezza legata alla questione dei dazi. Sul vino, ad esempio, c’è stato un grosso picco nel mese di febbraio-marzo, periodo in cui, in attesa della definizione delle nuove tariffe, il mercato americano ha fatto scorta di prodotto. Un exploit cui è seguito un ovvio rallentamento in prossimità delle prime decisioni prese dall’amministrazione americana. 
In quale altre attività è coinvolta la struttura? 
Siamo una realtà particolarmente attenta al tema della qualità del lavoro. Lo scorso aprile abbiamo inaugurato il nostro “truck village”, area di parcheggio sicura per gli autotrasportatori: 200 stalli videosorvegliati nella zona anteportuale. Qui, dalla riparazione dei Tir ai ristoranti alle lavanderie, gli autisti potranno trovare tutti i servizi di cui hanno bisogno. Si tratta di un intervento importante che, nella fase progettuale, abbiamo portato avanti con UIR. Due anni fa, nell’ambito dei piani di sviluppo immobiliare, è cominciata l’attività di un motel che gestiamo direttamente. 
Cosa avete in serbo in tema di transizione energetica? 
Già oggi siamo in grado di rifornire energia green proveniente da pannelli fotovoltaici e sistemi di cogenerazione. Per il futuro stiamo collaborando nell’ambito della hydrogen valley insieme ad AdSP, Regione, Camera di Commercio e Comuni allo sviluppo di progetti pilota per la produzione di idrogeno verde
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