Ponte sullo stretto, collegare l'Italia per unire l'Europa
Intervento a cura del del Contrammiraglio (Cp) aus. Rosario Marchese
Consigliere del Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare
Quando si parla del Ponte sullo Stretto di Messina, il dibattito pubblico tende spesso a scivolare su binari emotivi o localistici. Ma esiste un’altra chiave di lettura, troppo spesso sottovalutata: quella europea. Il Ponte, infatti, non è soltanto una grande opera nazionale, ma una componente strutturale della Rete Trans-Europea dei Trasporti (TEN-T), un disegno strategico che mira a connettere meglio le regioni europee e renderle più competitive, sostenibili e coese.
Le reti TEN-T rappresentano l’ossatura dei collegamenti europei, un mosaico integrato di ferrovie, porti, strade, nodi logistici e aeroporti pensato per far fluire merci e persone senza interruzioni, da nord a sud, da est a ovest dell’Unione. In questo scenario, l’Italia con la sua posizione centrale nel Mediterraneo, ricopre un ruolo cruciale. Ma è nel Mezzogiorno che si gioca la vera sfida: senza un collegamento stabile tra la Sicilia e la Penisola, il progetto europeo resta incompiuto.
Al nostro Paese, grazie anche al lavoro effettuato dal Commissario Van Miert iniziato nel 2002, sono stati assegnati alcuni tra i corridoi logistici più rilevanti, ovvero, il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo (Scan-Med), che attraversa l’Europa da nord a sud. Parte dalla Finlandia, attraversa Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Italia fino a raggiungere la Sicilia e, via collegamento marittimo, arriva a Malta. Opere simbolo di questo corridoio sono il “tunnel del Fehmarn Belt”, la “galleria di base del Brennero” e, nel tratto finale, il “Ponte sullo Stretto di Messina”.
Nel nuovo Regolamento (UE) 2024/1679, …sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti…, entrato in vigore nel giugno 2024, si ridefinisce ulteriormente la rete TEN-T in tre livelli temporali:
•completamento della rete centrale (Core Network) entro il 2030,
•della rete centrale estesa (Extended Core Network) entro il 2040,
•della rete globale (Comprehensive Network) entro il 2050.
L’obiettivo del legislatore europeo è chiaro: accelerare la realizzazione dei grandi collegamenti mancanti, in particolare quelli transfrontalieri, come appunto il collegamento stabile tra Sicilia e continente. Come è evidente, la dimensione della sostenibilità è centrale nel nuovo Regolamento TEN-T.
I 432 maggiori centri urbani dell’Unione, dei quali 50 in Italia e le reti TEN-T dovranno prevedere Piani per la Mobilità Urbana Sostenibile (SUMP) per promuovere una mobilità a ridotte o zero emissioni. Il modal shift, l’intermodalità , l’utilizzo della digitalizzazione e delle nuove tecnologie per migliorare l’efficienza dei sistemi di trasporto, il rafforzamento del ruolo dei trasporti marittimi e ferroviari sulle brevi e medie distanze, vanno tutti nella direzione della decarbonizzazione della logistica, in linea con l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2050 per l’intero settore europeo dei trasporti, così come previsto dalla "European Smart and Sustainable Mobility Strategy".
Il progetto del ponte si inserisce pure nell’ambito della piattaforma strategica europea TEN-T, contribuendo agli obiettivi del PNRR. In particolare alla Missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, che promuove il miglioramento della connettività e la riduzione del divario infrastrutturale tra Nord e Sud. Inoltre, il Ponte che è stato fin dalle prime versioni della rete TEN-T indicato come “opera singola autonoma” rappresenterebbe, se non fosse realizzato il principale “collo di bottiglia” infrastrutturale del corridoio, causando interruzioni nella continuità ferroviaria e stradale, costi logistici aggiuntivi, e una ridotta competitività del Sud Italia’.
Non va inoltre sottaciuto che il Parlamento lo scorso anno ha approvato la revisione delle linee guida TEN-T con la conseguente possibilità di finanziare un “bridge fixed link” (ovvero ponte stradale+ferroviario) tra Villa San Giovanni e Messina nel corridoio Scan-Med. Questo passo apre ufficialmente la porta al finanziamento da parte del “Connecting Europe Facility” (CEF), principale strumento finanziario dell’UE per co finanziare infrastrutture TEN T, progetti transfrontalieri ed eliminare strozzature, rendere i collegamenti più ecosostenibili, smart ed interoperabili.
Il ponte quindi, senza dubbio, rientra tra i progetti eleggibili per ricevere fondi dell'UE.
La Sicilia, lo ripeterò sino allo sfinimento, con i suoi 1.637 km di costa pari al 22% dell'intera estensione costiera italiana, rappresenta un punto di passaggio obbligato per i flussi commerciali tra Nord e Sud, Est e Ovest, rendendola un ponte energetico e commerciale naturale tra il Nord Africa e l’Europa nonché naturale snodo dei traffici marittimi tra Suez e Gibilterra. Tuttavia, la sua marginalità logistica, aggravata dalla mancanza di collegamenti efficienti, ne limita il pieno potenziale.
Inoltre, il sistema portuale italiano ha un'importante caratterizzazione energetica: ovvero il 35% del traffico portuale è costituito da rinfuse liquide (oltre 167,2 milioni di tonnellate nel 2023), la Sicilia gestisce 41,5 milioni di tonnellate di rinfuse liquide, un quarto della movimentazione nazionale, prima regione italiana. Augusta e Milazzo sono rispettivamente 3° e 4° porto italiano in questo settore.
Inoltre, il sistema portuale italiano ha un'importante caratterizzazione energetica: ovvero il 35% del traffico portuale è costituito da rinfuse liquide (oltre 167,2 milioni di tonnellate nel 2023), la Sicilia gestisce 41,5 milioni di tonnellate di rinfuse liquide, un quarto della movimentazione nazionale, prima regione italiana. Augusta e Milazzo sono rispettivamente 3° e 4° porto italiano in questo settore.
Il collegamento stabile con la Penisola consentirebbe di valorizzare i porti di Palermo, Messina, Catania, Augusta, Reggio Calabria e Gioia Tauro, rendendoli più competitivi e connessi alla rete continentale.
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Il Contrammiraglio (CP) aus Rosario Marchese |
Sono convinto che la sfida per Messina e Reggio Calabria va oltre l’infrastruttura. Si tratta di cogliere l’opportunità di trasformare un’area storicamente periferica in una metropoli logistica e culturale, superando i localismi e abbracciando una visione integrata dello sviluppo urbano. Un simile salto di scala, territoriale e funzionale è condizione necessaria per valorizzare pienamente le potenzialità strategiche legate alla posizione geografica.
Uno studio della società Stretto di Messina S.p.A., poi ripreso in varie analisi del MEF, rileva che l’opera genererà fino a 100.000 posti di lavoro diretti e indiretti nel corso del cantiere, con un impatto sul PIL nazionale dello 0,1% annuo nei primi anni. Inoltre, l’indotto per il settore dei trasporti, del turismo e della logistica potrebbe superare i 2,5 miliardi di euro annui nel lungo periodo.
Secondo le stime del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, la connessione stabile tra Sicilia e continente ridurrebbe drasticamente i tempi di attraversamento: dagli attuali 70-90 minuti necessari con traghetti (inclusi attese e imbarchi), si passerebbe a circa 15 minuti con un collegamento ferroviario continuo e 7 minuti per i mezzi stradali. Il miglioramento della logistica comporterebbe benefici anche per l’industria, il turismo e l’intermodalità portuale. Questo avrebbe un effetto moltiplicatore sulla produttività e sulla competitività dei territori meridionali.
Come evidenziato da SVIMEZ, esiste una correlazione consolidata tra dotazione infrastrutturale e capacità di crescita economica nei territori del Mezzogiorno. Le regioni meridionali dotate di sistemi infrastrutturali moderni ed efficienti registrano tassi di crescita del PIL superiori fino all’1,5% rispetto a quelle caratterizzate da isolamento logistico. Tale differenziale è confermato da analisi econometriche che pongono in relazione l’accessibilità territoriale e la produttività dei sistemi locali, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 119 della Costituzione italiana, che riconosce l'importanza della coesione e dell’equilibrio territoriale mediante interventi perequativi e infrastrutturali.
Un rapporto della Regione Sicilia, dal titolo "Stima dei costi dell'insularità della Sicilia", evidenzia quanto l’isola perda ogni anno per la mancanza di un collegamento stabile con la terraferma.
Trasportare merci e persone in Sicilia costa molto di più:
•oltre il 50% in più rispetto alla media italiana,
•quasi il 30% in più rispetto alla media del Sud.
La Sicilia perde 6,54 miliardi di euro l’anno, pari al 7,4% del suo PIL. Inoltre, secondo un altro studio elaborato dall’Istituto “Bruno Leoni”, ogni chilometro che separa la Sicilia dalla Penisola rappresenta una perdita di 11,6 euro di PIL pro capite. Considerando la distanza media con Reggio Calabria (183 km), si arriva a una perdita di PIL pari a 2.123 euro pro capite, cioè 10,6 miliardi complessivi, l’11,9% del PIL regionale.
Un altro calcolo, più approfondito (modello "variante"), che prende in considerazione la presenza di porti ed il livello di istruzione, la perdita è di 1.308 euro pro capite, pari a circa 6,5 miliardi l’anno.
La Sicilia ha il costo medio di trasporto più alto d’Italia:
•+50,7% rispetto alla media nazionale.
•+29,8% rispetto alla media del Sud.
E se si pesano i costi con l'economia delle regioni di destinazione, il divario per la Sicilia arriva a +58,8% rispetto all’Italia e +31,9% rispetto al Sud.
Se si riducessero i costi di trasporto per allinearli alla media del Mezzogiorno:
•le esportazioni aumenterebbero dell'8,1%
•i consumi familiari reali del 2,4%
•il PIL crescerebbe del 6,8% (circa 6 miliardi l’anno)
•gli occupati aumenterebbero del 2,8% dopo 7 anni.
La Sicilia è l’unica isola al mondo così vicina al continente (3 km) ma senza collegamento stabile. Il costo annuale dell’isolamento è stimato in 6,54 miliardi di euro (il 7,4% del PIL regionale).
In questo contesto, il Ponte sullo Stretto si configura come un’infrastruttura strategica, capace di generare effetti moltiplicatori sul piano della convergenza territoriale e dell'integrazione economica interregionale e costerebbe tra i 12 e i 14 miliardi, ma in pochi anni il risparmio generato lo compenserebbe, migliorando accessibilità , trasporti e competitività economica.
Alla luce di quanto sopra, ridurre il Ponte sullo Stretto a una questione ingegneristica è un errore di prospettiva perché rappresenta un intervento strutturale di riequilibrio socio-economico, in grado di affrontare storiche asimmetrie territoriali, in linea con il principio di unità economica della Repubblica (art. 5 e art. 117 della Costituzione).
Il Ponte non unisce solo due coste, ma due visioni di Europa: più integrata, moderna e attenta alla coesione territoriale. Ed è in questa cornice che l’opera acquista la sua reale dimensione, non solo un ponte tra Sicilia e Calabria, ma tra il presente e il futuro dell’Europa.