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SETTEMBRE 2022 PAG. 28 - FHP Holding portuale, polo di riferimento per merci varie

 



«La logistica è come l’acqua di un fiume. Se trova un ostacolo lo aggira e fluisce là dove scorre meglio». L’analogia scelta da Alessandro Becce, AD di FHP Holding portuale, è certamente efficace. E costituisce la premessa necessaria del progetto industriale portato avanti negli ultimi anni dal Gruppo: «diventare polo di aggregazione per un mercato frammentato ma strategico come quello delle merci varie non containerizzate puntando su nuovi modelli tecnologici e di organizzazione». In un panorama portuale monopolizzato dalla prevalenza del container, di certo un elemento inedito. Un punto di vista differente sulle possibilità di sviluppo alternativo dei nostri scali.   

A che punto è il percorso di aggregazione che avete inaugurato? 

Il progetto nasce nel 2019 con l’obiettivo specifico di modernizzare un settore variegato nelle sue caratteristiche operative ma essenziale per la nostra economia. Siderurgica, agroalimentare, forestali, lapideo, componentistica e project cargo assommano una movimentazione di circa 50 milioni di tonnellate. FHP gestisce già il 20% di questo mercato attraverso otto terminal portuali su quattro basi operative che presiedono il Tirreno, con Livorno e Carrara e l’Adriatico, con Monfalcone e Marghera.   

Quali le linee guida che state seguendo? 

L’idea è quella di superare la logica dell’imprenditoria familiare a favore di una manageriale, attraverso la strutturazione in holding e un piano sul lungo termine basato su digitalizzazione, sistemi formativi avanzati, sostenibilità ambientale. Sotto questo aspetto specifico, ad esempio, possiamo giocare un ruolo importante: mettendo insieme i circa 300mila metri quadri di aree coperte che abbiamo a disposizione, pari a 46 campi da calcio, possiamo attivare un circuito virtuoso di riequilibrio energetico attraverso lo sfruttamento di queste superfici con il fotovoltaico, insieme all’approccio dell’economia circolare nella gestione dei rifiuti. Anche questo è un modo più evoluto per fare business portuale. Questo anche perché F2i è un fondo infrastrutturale che guarda al lungo periodo: remuneriamo gli azionisti secondo i rendimenti degli asset gestiti. I nostri punti di riferimento sono le persone che lavorano con noi, gli investimenti e la flessibilità operativa.  

I risultati?

La logica del network che abbiamo introdotto sta pagando bene, specie considerando il momento di relativa incertezza che si vive a causa prima della pandemia e dopo delle conseguenze della guerra in Ucraina. Il must è minimizzare i tempi morti, rendere scorrevole i processi attraverso la condivisione delle best practices sviluppate in ognuno dei nostri terminal. È così che a fronte di un contesto caratterizzato da euro debole, inflazione in crescita, oscillazione della produzione contiamo di confermare il volume di traffici dello scorso anno.  

Gli impegni sul breve-medio termine?

Stiamo ragionando insieme alla Regione Toscana per la realizzazione di un protocollo che metta insieme le risorse tecnologiche dell’ente con le esigenze del nostro network. A Carrara c’è una grossa attività legata al project cargo, in particolare al trasferimento in Canada e Stati Uniti di enormi moduli per la liquefazione del gas. In questo scalo, dove abbiamo triplicato i volumi in due anni, da 300mila a oltre 800mila, aggiungiamo aree per ulteriori 50mila metri quadri per completare e integrare i nostri sforzi. In generale siamo sempre più focalizzati nel trovare un giusto equilibrio col territorio nella ricerca di una sostenibilità che sia non solo economica ma anche ambientale e sociale.  

Il settore si sente “figlio di un Dio minore” rispetto al container?

Di certo le nostre esigenze operative sono differenti. Non essendo standardizzate richiedono un plus in termini di programmazione e la situazione può certo essere migliorata attraverso il dialogo tra attori privati e istituzionali. Per un’attività caratterizzata da ingenti investimenti in termini di nuovo equipment e manutenzione delle infrastrutture gli attuali meccanismi di rinnovo delle concessioni non aiutano. Investire in piani di investimento di grossa portata presuppone un sistema più chiaro e trasparente sotto l’aspetto temporale.

Red.Mar.

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