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SETTEMBRE 2022 PAG. 34 - Porti italiani a servizio dell’Europa e del Mediterraneo

 



Federagenti alza il tiro e individua nei profondi cambiamenti che stanno prendendo campo a livello internazionale, dalla pandemia al collasso della catena logistica e del mito della globalizzazione, i pericoli ma anche un pianeta di nuove opportunità per il sistema logistico e in particolare per i porti italiani.

Per il Presidente della Federazione nazionale agenti, raccomandatari marittimi e mediatori marittimi, Alessandro Santi, persino fenomeni (tanto importanti quanto sottovalutati) come la siccità, sono destinati a mutare, e forse stanno già mutando, il quadro di riferimento schiudendo grandi possibilità per il sistema Italia.

Secondo Santi, nel grande puzzle delle emergenze, la Germania oggi ne annovera una in più che dovrebbe interessare e molto l’Italia. Questa emergenza si chiama fiume Reno, che quest’anno ha registrato il livello di guardia più basso degli ultimi decenni con rischio cogente di non navigabilità di lunghi tratti e quindi del blocco del sistema logistico idroviario, quello che collega Basilea con i grandi porti del Nord Europa.

BASF e Thyssenkrupp, due grandi gruppi industriali tedeschi, in queste ultime settimane stanno subendo le conseguenze gravissime di una drammatica crisi nella catena di approvvigionamento delle materie prime essenziali, accompagnata da un’escalation dei costi cresciuti da 20 €/ton a 110 €/ton. 

Secondo il think-tank Kiel Institute nel 2018, anno in cui la Germania aveva subito le conseguenze di una siccità paragonabile anche se inferiore a quella attuale, si è registrata una flessione dello 0,4% del PIL. Il Governo di Berlino ha già imposto alle ferrovie di garantire la priorità al traffico delle materie prime rispetto a quello passeggeri su linee ferroviarie oggi congestionate. Il fiume Reno negli ultimi giorni è piombato 30 centimetri sotto il livello di guardia nel suo tratto più stretto e a minor pescaggio a Kaub (a ovest di Francoforte); tratto che rappresenta di fatto un collo di bottiglia, la nervatura fluviale strategica del sistema logistico del centro Europa: 160 milioni di tonnellate nel 2020 trasportate lungo i 1.300 km che scorrono tra la Svizzera e l’Olanda; per la Germania circa un terzo del carbone, del petrolio e del gas oltre a quantità importantissime di tutte le materie prime essenziali per la sua industria pesante e agroalimentare. 

La Germania e l’Olanda insieme rappresentano circa il 70% del traffico merce fluviale in Europa e difronte a queste cifre i treni, chiamati a sostituire le chiatte e le navi del Reno, sono un palliativo. Secondo il Presidente di Federagenti è grottesco che l’Italia non segua con attenzione l’evoluzione e i cambiamenti in atto in Centro e Nord Europa: l’Italia potrebbe infatti far valere le sue potenzialità in un modo e in tempi ben differenti rispetto a quelli passati.

Il Sistema Italia con uno status di porto diffuso che non ha mai fatto valere sullo scacchiere internazionale, può tornare a giocarsi le sue carte nello scenario logistico europeo: porti e retroporti efficienti, investimenti su insediamenti industriali e produttivi nelle aree portuali, con l’implementazione concreta delle ZES/ZLS potrebbe rappresentare una chiave strategica e molto più ambientalmente sostenibile per affrontare i prossimi decenni di un mondo economico che anche dal punto di vista geopolitico sarà completamente nuovo.

Ma per Federagenti non si può stare fermi: una valorizzazione strategica del mare e della portualità italiana deve transitare per una nuova necessaria consapevolezza della politica nazionale chiamata a cambiare marcia, specie eliminando gli eccessi burocratici che la condizionano.

Di certo tutto sta cambiando: basti pensare alla crisi agroalimentare esacerbata dal conflitto in Ucraina e anche dalla propaganda che su questo conflitto si è generata.

Il mondo sta subendo le conseguenze di un rapido incremento dei prezzi di tutti i cereali a livello mondiale (+ 20% secondo il food price index dell’ONU con picchi di incremento superiori al 70% su alcune rinfuse come il grano)”.

La scarsità e imprevedibilità delle produzioni hanno determinato un effetto sui prezzi molto più impattante di quello della guerra: il food index è aumentato nel mese di agosto di quest’anno di ‘solo’ l’8% rispetto al 2021, ma del 34% rispetto alla media degli ultimi 5 anni: in particolare il mais e l’olio vegetale sono aumentati nello stesso periodo rispettivamente del 45% e del 93%. In Italia ci potremmo aspettare per l’effetto combinato di siccità e scarsità di acqua, una richiesta di import via mare nei prossimi 12 mesi di una quantità di mais comunque superiore ai 3 milioni di tonnellate.

Secondo  il Presidente di Federagenti anche in questo mercato di riferimento la crisi internazionale è rimbalzata anche sui porti italiani con una pressione superiore al 30% rispetto quella media degli ultimi anni (mediamente attorno ai 10 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari alla rinfusa in import), e definitivamente archiviate le tesi dell’autarchia e dell’autosufficienza agricola che spingerebbero il Paese verso la fame e la chiusura dell’industria agroalimentare oggi trainante per il suo export, il rischio di stress della catena logistica potrebbe diventare concreto. E anche in questo campo i porti italiani devono superare alcuni limiti strutturali e coglier l’occasione per riprendere centralità a servizio dell’Europa e del Mediterraneo.

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