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SETTEMBRE 2022 PAG. 56 - Differenziare non sempre è la scelta giusta. Soprattutto nell’attrazione di investimenti

 



Best practices: gli esempi virtuosi di altri Paesi ci aiutano a fare allo stesso modo o addirittura meglio. 

L’approccio allo studio delle best practices è prassi consueta nel verificare quali strategie, quali migliori esempi, quali performances aspettarsi dall’applicazione di uno strumento normativo, ovvero economico - industriale.

Nell’ambito del modello italiano di ZES, la differenziazione tra Zone Economiche Speciali (che guardando alle realtà attuali del mondo potremmo definire di approccio primordiale) e il quid minor concettuale a fini politici delle Zone Logistiche Semplificate (con rafforzamento fiscale e non) diviene un disincentivo all’investimento in terra italiana.

Lo abbiamo detto innumerevoli volte. Gli investitori hanno dalle 5400 alle 7000 ZES (se consideriamo solo le ZES o aggiungiamo anche i Parchi Industriali) in tutto il mondo in cui spostare i propri capitali e far crescere le proprie imprese. Essi sono alla ricerca di tempi certi entro i quali trasformare capitali in impresa. Non prediligono zone di investimento in cui le incombenze burocratiche non sono preventivamente conosciute, nell’operatività e nella tempistica e dove la competenza ad emettere licenze o concessione da parte degli uffici preposti non è definita e individuata preventivamente. In questo senso un’unica parola attira gli investitori verso un luogo di investimento: one stop shop. La parola magica, la soluzione a tutti i problemi burocratici, il passepartout per la deburocratizzazione. Un unico luogo (fisico o virtuale) in cui ottenere informazioni certe, presentare istanze, affittare un lotto di terreno, aprire e chiudere utenze. Nel minor tempo possibile. Questo insegnano le best practices. 

Comparando il nostro modello di ZES con l’offerta ben più attrattiva proposta dai modelli presenti nel resto del mondo, siamo palesemente non concorrenziali. 

Aggiungiamo a tale carenza un quadro normativo in perenne evoluzione non dedicato appositamente alle ZES  né tantomeno intellegibile, strutturato su due piani progettuali di diversa denominazione (ZES e ZLS) in grado di ridurre, in tal modo, l’attrazione degli investitori che, alla ricerca di semplificazione, si scontrano con due modalità operative di strumenti di attrazione di investimenti funzionalmente uguali ma con denominazioni diverse che nel resto del mondo sono racchiuse in un’unica accezione: ZES.

Non di rado mi viene chiesto il motivo di una differenziazione di nomenclatura tra le ZES Italiane. Entrambi i modelli rafforzano l’infrastrutturazione, entrambi i modelli puntano all’efficientamento logistico e alla riduzione del carico burocratico. Nel caso delle ZLS di tipo rafforzato, seppure con aliquote più basse, in compliance con la Carta degli aiuti a finalità regionale, abbiamo comunque incentivi fiscali alle imprese: perché allora continuare a differenziare Nord e Sud del Paese dal punto di vista terminologico dello strumento ZES/ZLS, offrendo agli stessi investitori strumenti similari nella sostanza e differenti nella denominazione? Non è un caposaldo delle ZES la semplificazione anche dal punto di vista terminologico? L’approccio sistemico non è senz’altro più efficace? Oppure è semplicemente propaganda politica, discorsi encomiastici che contengono innumerevoli parole dal contenuto semi-vuoto che hanno il solo scopo di illudere che ci sia una riforma eccezionale in vista ma che all’atto pratico contraddice sé stessa riducendosi ad un guazzabuglio di rimandi e di balzelli che rendono la riforma stessa un labirinto dal quale non si esce? Ancora, dopo decenni si continua ad investire in slogan sterili e divisivi e mai in programmi lungimiranti, in coordinamento tra stakeholders territoriali ed esigenze delle imprese. 

E ciò è tanto più vero se andiamo a studiare l’applicazione del PNRR sulle ZES e sulle ZLS. Queste ultime, che puntano come le prime al potenziamento infrastrutturale e all’efficientamento logistico come le ZES, sono agganciate ai porti (driver esclusivi prescelti proprio dal legislatore per l’ottenimento di una ZES/ZLS previa dimostrazione di un nesso economico funzionale con gli interporti di riferimento nel retroterra) ma non vedono menzione alcuna nello strumento di attuazione del piano di recovery europeo. Qual è la ratio? Come si può pensare di potenziare le infrastrutture (hard e soft) a macchia di leopardo o con devoluzione massima verso i porti del Sud (dove sono presenti ZES) non garantendo lo stesso meccanismo ai porti del Centro e del Nord (che possono dotarsi di ZLS)? Continuiamo a differenziare per complicare, rallentare, ridurre l’attrattività.

Quale sarà il risultato? Utilizzare, giustamente, strumenti a latere, di ben più semplice attuazione e di impatto sul cluster import/export soprattutto extraUE che vanno a stimolare l’attrattività dei territori interessati, bypassando le divisioni geografiche imposte dal legislatore e la scarsa intellegibilità del sistema normativo di ZES e ZLS.

In tal senso una proposta interessante è quella dell’ex deputato On. Roberto Caon che sta spingendo su una Zona Franca Doganale nel padovano, con la quale massimizzare le già importanti prestazioni dell’interporto di Padova inserendo anche un’ulteriore anello nell’intermodalità attraverso il canale navigabile Piovego, bypassando le lungaggini che l’ottenimento della ZLS comporterebbe e andando dunque a stimolare le imprese e l’indotto legato all’import/export boostizzandone le possibilità di performances.

Occorre tempestivamente porsi in un’ottica di vera attrazione degli investimenti. In questo periodo di cambio legislatura, più che mai, va programmata una riforma vera, reale, performante delle ZES anche abbandonando la distinzione tra ZES e ZLS, fuorviante e inutile, puntando ad una giusta ed orizzontale distribuzione dei fondi PNRR per l’anima vera delle ZES, ossia l’incremento elle infrastrutture e il loro efficientamento, in simbiosi con un imprescindibile snellimento burocratico e un perfezionamento logistico.

Dott.ssa Valentina Di Milla

Amministratore Unico

RALIAN Research and Consultancy srl

CEO Presidency Cabinet of FEMOZA 

(The world free and Special Economic Zone Organization)

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