Header Ads

DICEMBRE 2023 PAG. 24 - Gli elementi chiave per lo sviluppo dell’intermodalità

 


Alberto Milotti responsabile marketing e sviluppo di Interporto Quadrante Europa è stato eletto, nelle scorse settimane, presidente di Euplatform. PORTO&INTERPORTO esamina con lui gli ambiti di attività dell’Associazione Europea degli Interporti e quelli che sono alcuni elementi chiave per lo sviluppo dell’intermodalità non solo in Italia. 

“Europlatform è l’associazione europea degli interporti che raggruppa le singole associazioni nazionali, quindi per l’Italia UIR. Rappresenta non i singoli interporti ma le associazioni nazionali, come DGG per la Germania e ACTE per la Spagna e così via. E’ stata creata una ventina di anni fa con l’obiettivo di rappresentare e promuovere a livello comunitario le singole associazioni nazionali degli interporti e di farne una rete europea, di partecipare ai vari gruppi di lavoro proposti dalla Commissione Europea e da CINEA, di promuovere la partecipazione dei propri associati  a progetto cofinanziati soprattutto, dal CEF, per lo sviluppo delle infrastrutture e più in generale promuovere il trasporto intermodale sia tra gli interporti aderenti a livello europeo sia all’interno dei singoli paesi con i vari porti nazionali.  Spagna, Germania e Italia sono le tre nazioni che vantano il maggior numero di interporti all’interno delle associazioni, che da sole raggruppano 65 interporti su un totale di 80 complessivi rappresentati dalle associazioni nazionali. In Italia nel 2023 ne abbiamo 23. Questi tre Paesi sono quelli che promuovono di più l’intermodalità e che hanno anche i principali porti in Europa. Uno degli obiettivi di Europlatform è allargare la propria rete associativa ai paesi dell’est e del nord Europa che sono importanti anche perché a livello comunitario gli assi di trasporto si sviluppano sulle direttrici est ovest e nord sud. La prima va dal Portogallo a Spagna, Francia, Italia, Germania e Ungheria; la seconda dall’Italia alla Germania, Danimarca fino alla Finlandia e questi sono tutti Paesi associati a Europlatform. Anche con la nuova programmazione e la revisione del regolamento TEN-T questi assi sono considerati prioritari nella rete di trasporto comunitaria”.

Quali sono i temi e le attività sulle quali si concentra Europlatform in questo periodo?

“In questo momento le attività sono concentrate soprattutto sulla revisione del regolamento TEN-T che è stato definito e verrà pubblicato nel 2024, e poi la revisione della direttiva del 1992 sul trasporto combinato, che proprio pochi giorni fa è stata inviata dalla Commissione al Parlamento dopo che per due o tre anni c’è stato un fallimento nel processo di revisione: questa direttiva è molto vecchia, vede il trasporto combinato con una ottica di oltre 30 anni fa, un po’ come la legge 240 istitutiva degli interporti in Italia e quindi la Commissione la sta aggiornando. Ha già fatto un tentativo nel corso del 2019-2020, che non è stato approvato dal Parlamento, per cui il processo è ripartito quest’anno. Bisognerà vedere se si riuscirà a concluderlo entro la fine mandato di questo Parlamento Europeo, che scade fra pochi mesi”. 

Dal vostro osservatorio, quali sono le azioni da intraprendere per far fare un salto di qualità al trasporto intermodale in Europa e in Italia?

“Le azioni da intraprendere sono di quattro tipi: infrastrutturali, normative, organizzative e di tipo informatico/digitale. Tutti questi quattro ambiti riguardano sia le infrastrutture che i nodi, per individuare quindi otto macro-voci di sviluppo. Per le infrastrutture, ad esempio, binari da 750 metri, rimozione dei limiti ai gabarit o al peso assiale, sia lungo la rete, che nei nodi. Quindi assi prioritari europei su quali sviluppare sia la rete che i nodi. Secondo punto gli aspetti di digitalizzazione, anche qui ad esempio lo sviluppo della rete ERTMS sulla rete core a livello europeo, che è sicuramente l’intervento più importante perché permette di aumentare la capacità della linea. Lo stesso nei nodi dobbiamo avere portali di accesso automatici sia lato strada che lato ferro, sistemi informativi TOS, gru automatiche cioè tutto quello che è sviluppo e velocizzazione delle procedure di handling e di entrata e uscita delle merci dai terminal. Poi ci sono gli aspetti organizzativi e qui c’è di tutto un po’; ad esempio le innovazioni date dai rail freight corridor, che stanno introducendo le cosiddette PAT, cioè pre access path, le tracce orarie predefinite, e poi l’assetto relativo alla normativa, europea da un lato e nazionale dall’altro e tutti meccanismi degli incentivi come ferrobonus e marebonus”.

Almeno in Italia si assiste a una proliferazione dei terminali spesso senza una logica apparente. Non sarebbe il caso che ci fosse una regia che indirizza dove far sorgere queste nuove piattaforme?
Sicuramente una regia ci deve essere, la questione deve essere vista su due versanti: quello trasportistico, cioè che non è possibile realizzare un nuovo terminale intermodale o piattaforma logistica dove la infrastruttura stradale e ferroviaria è insufficiente; dall’altra parte c’è la questione del consumo di suolo, che forse vale meno per i terminal intermodali e più per le piattaforme logistiche che come Amazon si vanno ad insediare in aree dove il terreno costa poche decine di euro al metro quadro,  con la promessa di oneri di urbanizzazione ai singoli comuni che rilasciano i permessi di costruire senza pensare poi a quelli che sono gli effetti del traffico su gomma, quelli per gli spostamenti dei lavoratori se non addirittura la difficoltà per loro di trovare un alloggio, oltre gli effetti sul suolo. Qui certo serve una regia forte almeno a livello regionale se non nazionale con un minimo di pianificazione da parte del ministero delle infrastrutture e trasporti magari anche a livello di tempistiche: prima realizziamo le strade e le ferrovie, dopo gli insediamenti. L’importante è evitare la proliferazione selvaggia anche dei terminal, per non arrivare ad una situazione simile a quella che abbiamo per gli aeroporti, con un aeroporto ogni 50 chilometri e quelli che funzionano davvero si contano sulle dita di una mano.  
E’ una questione che coinvolge anche il ruolo di servizio pubblico svolto dagli interporti…
Sicuramente la gestione va fatta in un’ottica abbastanza privatistica, gli interporti non possono essere ingessati nelle loro attività di sviluppo infrastrutturale e di gestione quotidiana, però allo stesso tempo ci deve essere il riconoscimento che più che un servizio pubblico siano un servizio che io definirei meglio di interesse generale. Con l’inserimento degli Interporti nel nuovo regolamento generale di esenzione per aiuti di Stato grazie al lavoro di Europlatform e UIR ha permesso il riconoscimento di queste infrastrutture e quindi l’esenzione dal divieto di alcune tipologie di aiuti da parte del Ministero delle Infrastrutture. 

La domanda di trasporto di semirimorchi via ferrovia è in costante crescita, un segnale positivo per l’intermodalità..

A livello di trasporto combinato terrestre questa è una modalità di organizzazione che è assolutamente positiva, trasportare un semirimorchio è quasi come trasportare un container da 40 piedi. Oggi però scontiamo ancora il fatto che ci sono pochissimi semirimorchi adatti ad essere caricati con le gru. Quelli non gruabili costano meno quindi le aziende di autotrasporto che non sono interessate all’intermodalità per filosofia o per necessità, investono in mezzi solamente stradali. I nostri interporti comunque sono oramai ben attrezzati per la movimentazione dei semirimorchi, la criticità può essere quella degli spazi di stoccaggio e parcheggio perché i semirimorchi non li puoi impilare come i container.
Franco Tanel
Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.