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DICEMBRE 2023 PAG. 76 - Il porto è il motore economico ma rischia di bloccarsi

 


I ritardi nei controlli dei container nel porto di Napoli sono diventati il suo pensiero fisso. Tanto che, nel tratteggiare un bilancio delle attività di quest’anno, si concentra quasi solo su questo aspetto. Per Augusto Forges Davanzati, presidente di Assospena, «è la priorità del 2024, la questione su cui si gioca la credibilità stessa dello scalo partenopeo sui mercati internazionali». 

«Le fasi critiche nel corso di quest’anno sono diventate sempre più numerose e lunghe. È un meccanismo che crea frustrazione: ogni volta che un container viene selezionato dal sistema informatico si rischia un giro sulle montagne russe. Viene a mancare qualsiasi certezza sui termini di chiusura delle operazioni e, di conseguenza, sui costi per l’utenza finale».  

Il problema sta alimentando un clima negativo per le aziende di spedizioni. Prese tra l’incudine e il martello di un’inefficienza che si manifesta ad ogni picco di attività sulle banchine. E con conseguenze che cominciano a sentirsi anche sull’economia del territorio, in un contesto già difficile, con l’incertezza dei tempi di consegna della merce, sia essa costituita da prodotti finiti, materia prima o semilavorati.   

«Come associazioni abbiamo cercato di alzare il livello della comunicazione, arrivando a coinvolgere, dopo tutta una serie di incontri con i responsabili locali dell’agenzia, direttamente la direzione generale delle dogane. Uno dei nostri obiettivi è stato quello di portare la notizia di questa difficoltà al di fuori della cinta portuale. Se lo scalo, come sempre, e giustamente, si sottolinea, è il “motore economico” della regione, allora la questione della sua efficienza operativa deve coinvolgere anche i principali enti e istituzioni del territorio». 

Dopo i grandissimi ritardi registrati nel periodo autunnale, caratterizzato da un accumulo di ritardi arrivato a superare anche i venti giorni per una singola operazione di svincolo, la paura è quella che lo scalo possa essere bypassato. Come recita ogni buon manuale di logistica, la merce si sposta laddove è movimentata nel modo più veloce ed economico possibile. E a Napoli la scarsa velocità alimenta l’aumento dei costi come un serpente che si morde la coda.   

«Stiamo parlando, tra l’altro, del più grande ufficio doganale del Mezzogiorno. Gli operatori, sia chiaro, non sono contro i controlli. L’introduzione di nuovi sistemi informatici e di procedure digitalizzati ci ha trovati pronti alla sfida della modernizzazione del settore. Ma se questi sforzi non si trasmettono a terra, ad esempio, sotto forma di più personale coinvolto nelle operazioni di controllo, la fatica risulterà vana. Per noi sta diventando ormai una battaglia per la sopravvivenza. E, lo ripeto, servirebbe un coinvolgimento maggiore anche da parte di una città, incapace, a differenza di realtà come Genova o Trieste, di ragionare sulla salvaguardia della sua principale fonte di ricchezza». 

Una mancanza che è, al tempo stesso, culturale: «Il porto di Napoli, mi spiace dirlo, fa notizia solo quando sul suo ruolo emerge lo scontro politico» e di modello di governance: «con la riforma Delrio la presenza dell’utenza privata è stata forse eccessivamente “depotenziata” in favore di luoghi come la commissione consultiva e l’organismo di partenariato dove risulta più difficile far valere le proprie ragioni». 

Intanto, il mondo degli spedizionieri si prepara all’ennesima rivoluzione, con l’annuncio da parte dell’Ue del nuovo regolamento doganale che punta ad armonizzare le procedure degli stati membri sul lungo periodo.  

«E’ una nuova opportunità che come categoria siamo pronti a cogliere. Le nuove norme vanno nella direzione di una maggiore specializzazione della nostra figura e ci faremo trovare pronti. Anche a livello associativo, a partire dall’anno prossimo, organizzeremo una serie di eventi per familiarizzare con le novità in arrivo».

G.G.

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