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DICEMBRE 2022 PAG. 44 - Il ruolo strategico dei porti minori in Puglia

 



Un anno altalenante che coincide con il 45esimo di attività di ISPOT - Spamat. Vito Totorizzo, alla guida di una delle realtà portuali più importanti della Puglia, tira le fila per un primo bilancio di questo 2022. Tra conferme circa la bontà della sua visione imprenditoriale, tutta giocata anche sulla valorizzazione di quelli che, con una percezione erronea, sono considerati porti “minori” e i progetti per il futuro. 

Che tipo di andamento ha registrato l’attività in quest’annata?   

Per il settore dei cereali e mangimi, dati i noti fatti internazionali, è stata durissima, soprattutto nella prima parte dell’anno. Fortunatamente nel secondo semestre qualcosa ha cominciato a muoversi con un discreto recupero sui volumi precedenti. L’altro segmento che copriamo, le rinfuse, registrano invece una buonissima tenuta, tanto che potremmo superare i già ottimi risultati dell’anno scorso. Tutto sommato le indicazioni per il futuro sono buone. La Puglia complessivamente torna a movimentare la merce e noi siamo pronti, come sempre, a fare la nostra parte.     

A che punto sono i progetti per il rafforzamento aziendale?

Le indicazioni che riguardano l’adeguamento infrastrutturale del porto di Molfetta indicano in 3-4 mesi il traguardo per la fine dei lavori. Poi partirà il processo per il reperimento delle attrezzature, su cui ci stiamo già muovendo, e le varie gare di assegnazione. Insomma entro un anno si potrà contare su una struttura molto più competitiva con una ulteriore banchina di 600 metri e il passaggio dei fondali da 6 a 10 metri: aspetto fondamentale per poter servire al meglio anche le unità ro-ro.  

L’idea di collegare il porto alla ferrovia?  

È un’iniziativa in cui crediamo molto. Il progetto di collegare il porto ad un terminal intermodale, sfruttando la vicinanza minima, circa 400 metri, dalla ferrovia, è a pochi passi dalla sua fase definitiva. Da lì cominceranno i lavori della Conferenza dei servizi che è già stata preceduta, con esiti positivi, dalla Conferenza preliminare. Bisognerà comunque attendere il termine dei lavori di riperimetrazione delle ZES. Ad ogni modo, dotato di un servizio cargo su ferro, Molfetta potrebbe giocare un ruolo di primo piano nell’ambito dei traffici adriatici, con benefici di grande effetto per la zona industriale retrostante. 

Quale ricetta per affrontare un 2023 che risulta pieno di incognite?

Personalmente credo che il futuro dei nostri porti possa essere migliorato solo attraverso seri piani di investimento. Il mio sogno è di considerare tutta l’Italia come una ZES. Nel senso che serve un cambio di passo nella risoluzione di tutte le problematiche – dai dragaggi allo sfruttamento delle aree retroportuali – che frenano la competitività del nostro sistema. Abbiamo bisogno di una programmazione seria, in grado di liberare tutto il potenziale della cosiddetta “piattaforma al centro del Mediterraneo”. Le faccio qualche esempio se vuole. 

Certo…

In Puglia ci stiamo battendo per il terminal ferroviario a Molfetta che non è contenuto in alcun documento programmatico della Regione. Si continua a indicare Manfredonia, porto distante 37 chilometri dalla ferrovia, e non si spende nessuna parola per un progetto che punta a coprire una distanza di soli 400 metri. A livello più generale, nutro perplessità anche sul cold ironing. Non credo porterà benefici considerando la complessità delle infrastrutture di supporto. Rischiamo di portare avanti interventi che non giustificheranno gli ingenti costi. Piuttosto mi concentrerei sui dragaggi dei nostri porti, naturalmente proporzionati ai contesti e non fatti a prescindere dalle reali necessità, e sul recupero di realtà, come Taranto, ancora sottoutilizzate rispetto alle potenzialità. 


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