Reshoring logistico, la moda italiana ridisegna le mappe del lusso
L’Italia resta uno dei grandi hub manifatturieri e distributivi del lusso ma sta registrando importanti cambiamenti nella catena del valore di uno dei suoi segmenti più prestigiosi come la moda.
Lo conferma il recente rapporto della Banca d’Italia, “Fading glamour: are Italy’s fashion exports in trouble?”, che analizza l’evoluzione dell’export nel settore tessile, abbigliamento e pelle nel decennio 2015-2024.
Dietro la flessione delle esportazioni registrata negli ultimi due anni, dopo la ripresa post-pandemica, ci sarebbe, secondo il report, anche un processo più profondo legato alla riorganizzazione delle catene logistiche.
La moda rappresenta circa l’11% delle esportazioni italiane di beni, un pilastro del made in Italy che occupa oltre 600.000 addetti. Tra il 2022 e il 2024 le esportazioni del comparto hanno rallentato (-10% per la pelletteria, -2% per l’abbigliamento, stabile il tessile), incidendo per circa la metà sui risultati dell’export italiano nel suo complesso. La quota italiana nei mercati mondiali, tuttavia, è rimasta stabile, intorno al 7%.
Questi risultati, apparentemente in contraddizione, sono dovuti da un lato alla frenata della domanda globale di beni di lusso; dall’altro al “reshoring” dei poli logistici che fino a pochi anni fa servivano come snodi per la redistribuzione internazionale.
Per circa un ventennio la Svizzera ha svolto un ruolo strategico nella logistica della moda italiana. I grandi gruppi del lusso – tra cui Kering (Gucci, Bottega Veneta) e Prada – avevano stabilito oltralpe i loro centri di stoccaggio e re-export, attratti anche da vantaggi fiscali e doganali.
Il modello polverizzato - produzioni italiana, consolidamento svizzero, distribuzione globale - sta registrando una inversione di tendenza.
Il segnale maggiore è arrivato nel 2022, con la scelta di Kering di inaugurare un nuovo polo logistico a Trecate (Novara), con l’obiettivo di accorciare la catena di fornitura e centralizzare le operazioni di stoccaggio e spedizione.
La struttura che si estende su oltre 162.000 metri quadrati, soddisfa la domanda dei magazzini regionali, dei negozi diretti, della distribuzione wholesale e dell'e-commerce in tutto il mondo, e punta a migliorare le capacità del Gruppo in termini di spedizione (fino a 80 milioni di pezzi all'anno) e di stoccaggio (fino a 20 milioni di pezzi), consentendo la riduzione dei lead times del 50%.
La mossa ha avuto effetti diretti sulle statistiche commerciali fin da subito: le esportazioni italiane verso la Svizzera – che nel 2021 rappresentavano circa il 15% del totale del comparto pelle – sono scese a meno del 5% nel 2024. Non un crollo reale, ma un effetto contabile di un processo di “re-shoring logistico” che segna il ritorno di funzioni cruciali – magazzini, piattaforme digitali, spedizioni – all’interno dei confini nazionali.
La riallocazione logistica ha prodotto una nuova mappa del fashion concentrata nel Nord Italia, dove si intersecano produzione, infrastrutture e collegamenti con i mercati europei. In questo nuovo “triangolo” la Lombardia mantiene il primato per tessile e abbigliamento, grazie alla densità di imprese e alla rete di interporti e terminal ferroviari, il Piemonte, con l’hub di Trecate, si è riscoperto un punto nevralgico della distribuzione internazionale (le esportazioni sono cresciute nel 2024 del 57%), mentre la Toscana – colpita da eventi climatici e da un calo della domanda estera – ha perso parte della propria quota export (-7 punti percentuali).
Anche su questi dati il report mette in guardia dalle distorsioni statistiche. La Toscana, cuore produttivo della pelletteria, ha registrato un notevole freno sull'export perché i prodotti finiti non vengono più spediti in Svizzera come primo punto di transito, ma vengono instradati internamente verso il nuovo hub piemontese; quest’ultimo, a sua volta, è premiato dal suo essere diventato punto di origine statistico per le spedizioni internazionali, indipendentemente dal luogo di fabbricazione del bene.
L’asse padano, sostenuto dai porti liguri e dai collegamenti ferroviari con il Nord Europa, va ad ogni modo configurandosi come una nuova piattaforma logistica del lusso, dove il valore aggiunto non si genera solo nei laboratori artigianali ma lungo l’intera catena del trasporto e della distribuzione.
Lo studio della Banca d’Italia evidenzia che circa 25.000 imprese italiane esportano prodotti moda, ma solo l’1% genera oltre il 65% del valore totale. Sono, insomma, i grandi player a dettare le regole, investendo in magazzini automatizzati, tecnologie digitali e sostenibilità logistica: “Il controllo diretto della distribuzione consente di ridurre tempi, ottimizzare i costi e mantenere la coerenza del brand”.
Su questo contesto pesa tuttavia l’incertezza della politiche trariffarie. Le misure introdotte dagli USA (15% sui prodotti europei) e la crescente concorrenza cinese rischiano di spostare i flussi commerciali e di aumentare la pressione sui costi, soprattutto per le spedizioni intercontinentali.
Se la solidità del posizionamento di alta gamma resta uno dei principali punti di forza del settore, conclude il report, sarà sempre più necessario presidiare la catena del valore – dalla produzione ai servizi logistici – con un sistema che dalle infrastrutture intermodali, digitalizzazione e dogane semplificate, ne supporti la proiezione a livello internazionale.
GG