Header Ads

Riforma portuale, Uniport: regole uniformi

 

Intervento a cura di Pasquale Legora De Feo, Presidente Uniport

Superata la pur breve pausa estiva, è ripreso con nuovo slancio sulle testate di settore il dibattito sul tema della riforma della legislazione portuale. Pur in assenza di testi, anche parziali e non definitivi, ma soprattutto non essendovi stato nessun confronto con le rappresentanze degli stakeholders - e questo sicuramente è l’aspetto che più lascia perplessi, considerato che sono gli investimenti, le azioni promozionali e le attività operative gestite in esclusiva dalle imprese che traducono in azioni e risultati concreti le attività di pianificazione e programmazione delle AdSP - l’infittirsi del dibattito e il tenore delle comunicazioni fanno intuire che forse ci stiamo avvicinando ad un primo atto formale o almeno a qualcosa di più certo delle dotte dissertazioni di studiosi, esperti e cultori della materia. 
Considerato che l’obiettivo riforma dell’ordinamento portuale era stato proposto già più di 24 mesi or sono, potremmo dire “finalmente”, anche se un sano realismo non ci fa dimenticare che tutti i precedenti di norme che hanno rivisto, per aspetti non marginali, l’assetto della legislazione portuale hanno avuto tempi di gestazione ben più lunghi. Più di una legislatura la legge 84, approvata nel 1994 dal Parlamento alla vigilia dello scioglimento anticipato delle Camere; quasi altrettanto la cosiddetta “riforma Del Rio”, prevista dal Piano Strategico della Portualità e della Logistica ma che arrivava in quel Piano dopo un lungo dibattito tra le rappresentanze di portatori di interesse. 
Anzi, atteso che non si può dare per scontata una riforma istituzionale con strumenti giuridici che hanno il presupposto nella necessità e urgenza, e che i tempi della legislazione ordinaria o di una riforma che dopo una legge delega si concretizza in un decreto legislativo ragionevolmente non possono essere molto più brevi di un anno, è opportuno prendere atto che i porti e gli operatori non possono tollerare un ulteriore prolungamento della situazione di immobilità cui abbiamo assistito da un anno a questa parte. Un segnale positivo lo intravediamo nel percorso di nomina dei Presidenti delle AdSP, finalmente giunto (quasi) a conclusione dopo mesi a dir poco travagliati, confidiamo quindi che la nomina dei rispettivi Segretari Generali, scelti in conformità con le previsioni della normativa vigente sulla base dei requisiti di professionalità ed esperienza addirittura più stringenti di quanto previsto per i Presidenti, e non secondo logiche di schieramento, non risulti altrettanto complessa. 
Ma ancor più auspichiamo che il tempo (e come detto saranno mesi) che abbiamo davanti in attesa della “riforma”, possa essere dedicato, a risolvere le più urgenti (ma non recenti) problematicità e ad affrontare, per quanto possibile, anche criticità di sistema avvalendosi degli strumenti normativi oggi disponibili, partendo dalla considerazione che, “per quanto possibile” in definitiva non è poco. 
Sulle urgenze non ci dilunghiamo in troppi dettagli; già da tempo, in tutte le sedi, abbiamo dettagliato le motivazioni che rendono improcrastinabile: adottare la norma che, attraverso una semplice modifica procedurale senza oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico, che consenta di far decollare il fondo per l’incentivazione al pensionamento dei lavoratori delle imprese terminalistiche e delle imprese autorizzate ai sensi dell’art. 16 della legge 84 del 1994; la necessità, anche per ragioni di sicurezza del lavoro (oltreché di operatività e competitività) di attribuire la qualifica di usurante ad un selezionato e ristretto numero di attività tipiche del ciclo delle operazioni portuali; escludere i mezzi che operano in ambito portuale dall’obbligo di copertura assicurativa RC; accelerare i processi di dotazione dei porti degli impianti per la fornitura di energia da terra alle navi, avviando un confronto tra MIT, AdSP, rappresentanze dell’armamento e degli operatori e terminalisti portuali sui possibili modelli organizzativi adeguati alle diverse caratteristiche di porti e terminal; valutare la solidità delle recenti modifiche alla normativa sull’adeguamento dei canoni di concessione, riguardo alla quale si nutrono forti dubbi. 
Sulle criticità di sistema, quella di maggior rilievo - e (direi) unanimemente condivisa da tutte le categorie economiche - vi è l’assenza di un indirizzo omogeneo tra le diverse AdSP che ha portato a regole difformi in tema di affidamento delle concessioni, determinazione dei relativi canoni, individuazione dei servizi di interesse generale, regolazione del lavoro portuale e non solo. Già oggi la legge 84, nel testo vigente, attribuisce al MIT funzioni di indirizzo e vigilanza sulle AdSP. Anzi, individua anche la sede – la Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP – in cui si attua “coordinamento e armonizzazione a livello nazionale” e non solo in tema di investimenti (che pure è aspetto essenziale). 
Auspichiamo quindi che, nelle more di una riforma che crei le condizioni affinché il sistema logistico portuale si proponga come realtà organica, costruita secondo una logica e una visione articolata ma unitaria, all’interno del quale l’impresa privata possa operare in coerenza con i principi di mercato, si avvii un processo di coordinamento non più procrastinabile, sia per i profili pianificatori, programmatori e di realizzazione infrastrutturale ma anche per i diversi e parimenti rilevanti profili di regolazione e di costo. Obiettivo che auspichiamo possa risultare ulteriormente rafforzato nell’ambito della prossima riforma poiché fondamentale per l’intero sistema al pari degli investimenti infrastrutturali.
Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.