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LUGLIO 2023 PAG. 17 - Mole epocale di investimenti ma il settore ferroviario rischia di uscirne danneggiato

 



I lavori di adeguamento della rete ferroviaria in Italia finanziati dal PNRR potrebbero sortire un paradossale effetto negativo. E, insieme alla mancanza di informazioni circa lo stato di attuazione della misura di sostegno “Ferrobonus”, al perdurare della crisi energetica e alla burocrazia che affligge il settore, preoccupa fortemente le Associazioni di categoria Assoferr, Fermerci e FerCargo. Ne parliamo con il segretario generale di Fermerci, Luigi Rizzi. 

Cosa c’è all’origine delle vostre preoccupazioni?

Da mesi il cluster ferroviario sta chiedendo l’apertura di un tavolo di confronto sulla questione delle interruzioni ferroviarie. Per fortuna è stata avviata una mole di investimenti di portata epocale grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR ma il settore paradossalmente rischia di uscirne fortemente danneggiato. 

Perché? 

I lavori sulla rete determinano una serie di interruzione sul servizio. Il gestore si sta oggettivamente prodigando per contemperare le rispettive esigenze degli operatori e dell’avanzamento delle opere ma, altrettanto oggettivamente, siamo penalizzati dalla situazione con ripercussioni che si trasmettono fino al cliente. Il rischio è che, una volta modernizzata la rete, nel 2026 ci si ritrovi con meno operatori attivi e meno traffico. 

Cosa chiedete? 

Una soluzione potrebbe essere l’istituzione di un fondo complementare per mitigare gli effetti negativi e tamponare le esternalità fino alla chiusura dei cantieri. Tra l’altro con l’ultimo provvedimento dell’ART che dichiara la parte del pedaggio b, cioè la ability to pay, adattabile alla contingenza, ci sarebbe anche un quadro normativo pienamente aderente alla richiesta.  

È già stato quantificato l’ammontare dell’eventuale fondo?

Non ancora, si tratta di calcoli difficili che dipendono dal criterio usato per rivalersi sulla parte del pedaggio. Anche per questo, infatti, chiediamo l’apertura del tavolo di confronto. Ciò di cui abbiamo piena contezza sono i giorni di interruzione. Per il 2023 dagli ultimi dati si parla circa 3mila giorni, ovviamente calcolati su tutte le linee con situazioni in cui si attiva fino al 50% di riduzione della capacità. Francamente, troppo.

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