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LUGLIO 2023 PAG. 54 - Barriere coralline artificiali per contrastare i danni dell’uomo all’ambiente marino

 



L’Istituto tedesco di ricerca per l’agricoltura e la pesca del Meclemburgo-Pomerania occidentale (LFA) ha avviato uno studio sulla fattibilità delle barriere coralline artificiali e dei loro potenziali benefici per la pesca nei mari del nord. I risultati sono stati promettenti e grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea sono state costruite due scogliere artificiali. Le barriere artificiali hanno dimostrato di migliorare l’ecosistema marino. Il progetto si è focalizzato sulla creazione di aree di pesca attrattive utilizzando barriere coralline artificiali. Le due scogliere sono state costruite a Nienhagen, con una superficie di 4 ettari, a 1,5 km dalla costa e a una profondità di 11-12 metri, e a Rosenort, con una superficie di 1,2 ettari, a 2 km dalla costa e a una profondità di 6 metri. Entrambe sono costituite da rocce naturali e varie strutture sottomarine realizzate con materiali come coni di barriera in cemento, tetrapodi e anelli di cemento. Inoltre, sono stati posizionati tessuti e linee a rete che fungono da substrati per la crescita di alghe e mitili. Le barriere coralline artificiali sono frangiflutti di macerie di pietre tipicamente singole con una cresta al, o sotto, il livello del mare. Di solito sono costruiti al largo (spesso paralleli alla riva), sono meno invadenti e, a seconda dell’orientamento, possono avere meno impatto sui processi longshore. Analogamente ai frangiflutti, le barriere coralline artificiali riducono l’energia delle onde e proteggono la spiaggia dall’erosione. 

Nel corso dei decenni, le attività umane come la pesca e il commercio di acquariofilia hanno infatti distrutto a macchia di leopardo una moltitudine di barriere coralline. Le barriere coralline artificiali possono aiutare il mare a rigenerarsi e, di riflesso, aiutare il pianeta a contrastare gli effetti del riscaldamento globale e il carico di pesca. La progettualità è stata intrapresa per favorire il ripopolamento ittico e la colonizzazione da parte delle piante marine. I moduli istallati supportano attivamente la vita marina. Un capitolo a parte merita poi il futuro delle barriere se correlato al surriscaldamento climatico: secondo uno studio dell’Università Australiana del Queensland l’innalzamento delle temperature potrebbe portare l’annientamento della Grande Barriera Corallina entro i prossimi cinquant’anni. Dopo 30 anni di censimenti di migliaia di specie marine sulle barriere coralline australiane, gli scienziati hanno capito che la situazione sta cambiando rapidamente. 

In un recente studio, Graham Edgar, dell’Institute for Marine and Antarctic Studies, dell’Università della Tasmania e dell’Australia Reef Life Survey Foundation, ha ribadito che “il nostro team di ricerca non è stato in grado di esaminare un numero sufficiente di località per monitorare adeguatamente i cambiamenti. Questi si sono verificati fuori dalla vista, sotto le onde, al largo di coste che si estendono per migliaia di chilometri. Abbiamo capito che avevamo bisogno di aiuto. Così ci siamo avvalsi dell’aiuto di subacquei volontari entusiasti per completare il primo audit continentale al mondo della vita marina poco profonda. Questo straordinario sforzo australiano è stato un enorme risultato collaborativo. Ma non è niente in confronto a quanto sarà necessario negli anni a venire, per difendere i nostri ecosistemi della barriera corallina dagli impatti dei cambiamenti climatici e da altre pressioni umane. La nostra indagine ha rivelato che nell’ultimo decennio le ondate di caldo hanno danneggiato numerose comunità della barriera corallina. Gli effetti sono stati irregolari. Alcune popolazioni della barriera corallina sono state devastate, altre nelle barriere coralline vicine sono diminuite e si sono riprese e altre sono fiorite”. 

Le ondate di caldo marino stanno danneggiando gli ecosistemi delle barriere coralline in tutta l’Australia, ma mentre fino ad oggi a ricevere la maggior parte dell’attenzione è stato il nord tropicale, bisognerebbe preoccuparsi ugualmente anche di altre zone geografiche, conducendo azioni di monitoraggio e ulteriori approfondimenti scientifici.

Domenico Letizia

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