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LUGLIO 2023 PAG. 66 - LIBRI


 


Metamorfosi della globalizzazione
Alfredo D’Attorre, Laterza

“Nel breve volgere di pochi anni l’opinione prevalente sulla globalizzazione, sia nel dibattito pubblico sia nel campo delle scienze sociali, è profondamente mutata. Si è passati dal predominio quasi incontrastato della tesi della globalizzazione come fenomeno non solo irreversibile, ma anche così radicalmente in discontinuità rispetto alle fasi storiche precedenti da segnare una vera e propria soglia epocale nella storia dell’umanità, a quella di un suo declino e di una sua sostanziale incompatibilità con i cambiamenti geopolitici ed economici della fase apertasi dal 2008 e segnata dalla successione di una serie di crisi ed emergenze di grande impatto. È difficile non vedere come molte delle analisi attuali costituiscano una sorta di rovescio speculare della lettura prevalente fino a qualche anno fa: siccome la globalizzazione non ha prodotto gli effetti epocali e irreversibili che erano stati diagnosticati, ora si sostiene che essa non esista più o sia destinata a sparire”. Tramontata l’illusione di un mondo unificato pacificamente dall’economia di mercato e dall’esportazione della democrazia, l’interdipendenza globale richiede un nuovo equilibrio fra sovranità e diritto internazionale. La fase dell’«iper-globalizzazione», come l’ha definita il grande economista Dani Rodrik, sembra ormai al tramonto. La crisi finanziaria del 2008, l’inasprirsi della competizione fra Stati Uniti e Cina, la pandemia e la guerra in Ucraina costituiscono, infatti, altrettante tappe della profonda trasformazione dell’assetto politico ed economico internazionale delineatosi nei decenni precedenti, a partire dalla cesura del 1989. È tempo di pensare a una forma nuova di globalizzazione, fondata sul riconoscimento dell’interdipendenza e del pluralismo politico, giuridico e culturale. Il diritto può svolgere un ruolo importante nello strutturare e stabilizzare questo nuovo ordine globale se esso viene concepito, oltre il paradigma del globalismo giuridico, come uno strumento più flessibile di negoziazione e accordo fra interessi geopolitici inevitabilmente divergenti e tra Stati che non rinunciano in toto alla loro sovranità. “La tesi della metamorfosi della globalizzazione che si sosterrà in questo libro vuole offrire una chiave di lettura alternativa, provando anzitutto a distinguere la realtà della globalizzazione dalla sua ideologia, ossia dalla rappresentazione di essa che si è affermata nel trentennio successivo al 1989 e che ha svolto una potente funzione teorica e politica in Occidente. Le due dimensioni si sono progressivamente sovrapposte fin quasi a rendersi indistinguibili, ma il primo passo da compiere è proprio quello di provare a separarle”. Tre le tesi avanzate dall’autore nell’analisi del fenomeno. La prima riguarda la non inevitabilità di un assetto internazionale “rigidamente segmentato, privo di politiche e strumenti multilaterali per affrontare le interdipendenze e fondato su una competizione sempre più conflittuale fra potenze destinate a ridurre gli spazi di cooperazione”. Da cui deriva l’idea di una nuova forma di globalizzazione non fondata “sull’idea di un’unificazione giuridica e culturale del mondo operata dalla forza espansiva del modello occidentale (liberaldemocrazia più economia di mercato), ma sul riconoscimento sia dell’interdipendenza sia del pluralismo politico, giuridico e culturale del pianeta”. La seconda è incentrata sul ruolo dello Stato come “risorsa indispensabile” per il superamento della crisi. “Ruolo degli Stati e governo della globalizzazione non costituiscono una contraddizione da superare, ma un nesso inaggirabile, senza il quale il tasso di caos e di pericolosità del nuovo scenario globale è destinato a crescere esponenzialmente. La cancellazione del ruolo degli Stati minerebbe, peraltro, anche la possibilità di auto-determinazione delle singole società nazionali, rendendo ancora più problematica l’efficacia delle politiche di cooperazione su scala mondiale e accentuando i fenomeni di chiusura nazionalistica e di negazione della realtà dell’interdipendenza globale”. La terza: “il diritto può svolgere un ruolo importante nello strutturare e stabilizzare questo nuovo ordine globale se esso viene concepito non come un ordinamento coercitivo unitario, né come l’esclusivo prodotto dell’attività di tribunali sovranazionali o di arbitrati privati”. Da questo punto di vista andrebbe piuttosto inteso come “uno strumento più flessibile di negoziazione e accordo fra interessi geopolitici inevitabilmente divergenti e tra Stati che non rinunciano in toto alla loro sovranità. Il medium giuridico necessario per regolare la globalizzazione dell’interdipendenza e del multilateralismo non è perciò necessariamente e primariamente coercitivo, ma è fondato anzitutto sulla costruzione di un sistema di vantaggi reciproci e sull’uso attivo che ne fanno le singole parti coinvolte”.


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