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SETTEMBRE 2023 PAG. 34 - Assagenti: noi in prima fila per cavalcare il cambiamento

 



I segnali di una tempesta imminente o comunque di un rigonfiamento delle acque da tenere sotto costante osservazione: con queste parole Paolo Pessina, Presidente Assagenti, inizia questa sua intervista puntando l’attenzione ai tanto repentini cambiamenti dell’economia mondiale e quindi del settore marittimo

Cosa sta accadendo ai mercati e di conseguenza quali sono i trend che caratterizzano oggi il trasporto marittimo?

Esiste una parola in dialetto genovese che rappresenta la sintesi ideale per rispondere a questa domanda: Bulezzu. Termine che si usa specie quando l’acqua del mare sembra ribollire, quasi se desse i segnali di una tempesta imminente o comunque di un rigonfiamento delle acque da tenere sotto costante osservazione. Niente meglio del bullezzo serve a descrivere quanto sta accadendo sui mercati e nell’economia mondiale e quanto rapidamente stanno cambiando o potrebbero cambiare aspettative, trend e realtà dei traffici marittimi. Si il mare sta ribollendo. Troppi fattori esogeni ed estranei anche alla logica dei cicli, che sembrava sino a un decennio fa caratterizzare l’andamento dei noli marittimi, stanno caratterizzando vere e proprie mutazioni strutturali nei traffici. È sufficiente pensare al mercato dell’energia e del trasporto di combustibili fossili o di gas, per comprendere quanto il conflitto, purtroppo ancora in atto, in Ucraina sia stato in grado di stravolgere e vanificare qualsiasi tentato di previsione o anche di pianificazione degli investimenti in una globalizzazione che è globalizzazione degli effetti finali, ma sempre meno globalizzazione della produzione e del lavoro.

Intende dire che la globalizzazione non esiste più?

Non sono un economista né un esperto di geopolitica. Ma posso affermare che non esiste più, o forse non è mai esistita, la globalizzazione dell’utopia. Del “saremo tutti più ricchi” e “ci sarà lavoro per tutti”, magari a migliaia di miglia di distanza per poi trasportare il componente di una caffettiera in container. Il caso Cina è emblematico. Non solo il gigante del Far East attraversa una crisi economica e finanziaria profonda, ma è in aperta recessione nel momento in cui dovrebbe affrontare e mitigare i danni di un boom economico illusorio e forzato. E sui traffici marittimi questi cambiamenti, che ormai tendono a cronicizzare l’instabilità, si moltiplicano e si ripetono in tempi strettissimi.

E il mercato dei trasporti marittimi, o meglio, quello dei noli?

Abbiamo assistito a un’incredibile escalation dei noli che ha portato una ricchezza senza precedenti nelle casse delle grandi compagnie container. Ma tutti dimenticano che quell’exploit faceva seguito ad anni e anni di depressione del mercato dei noli container e che oggi al ridimensionamento brusco e costante delle rate di nolo si accompagna anche l’entrata in servizio di un impressionante quantitativo di nuove navi, in gran parte ad altissima capacità. 

Si parla di globalizzazione di ritorno o di riscrittura della globalizzazione. Quali sono le strategie dei grandi container carrier?

Con molta approssimazione si potrebbe affermare che i mega carrier stanno navigando a vista, attraversando un numero sempre maggiore di banchi di nebbia; ma non è del tutto così: le grandi compagnie sono impegnate almeno su tre fronti tutti “scivolosi”: il primo riguarda l’appropriazione e la conquista di gangli vitali del trasporto marittimo (terminal e porti) ma anche, sulla scia di una verticalizzazione sempre più arrembante, del mercato della logistica. Praticamente ogni settimana si registrano acquisizioni significative di imprese logistiche da parte di mega-player marittimi, ma anche di infrastrutture ferroviarie, retroporti, interporti, persino compagnie aeree e aeroporti. In questo senso stiamo vivendo una vera e propria sfida globale.

Quali fattori incidono e determinano i destini di questa sfida?

Chi disponesse di risposte inoppugnabili e certe avrebbe già vinto. È certo che la sfida, che prima si combatteva sul mare e nei porti, si è parzialmente trasferita a terra. È altrettanto sicuro che in questa sfida giocano fattori, specie relativi agli equilibri geopolitici e alle aree di influenza di grandi concentrazioni di potere, che nulla hanno a che fare con le tradizionali logiche dello shipping.

Torniamo ai fronti. Mancano il secondo e il terzo

Il secondo è relativo alla capacità finanziaria che ha richiesto e richiede una scalata ai vertici del mercato, quei vertici che consentono di controllare e condizionare il mercato stesso. In questo lo shipping è diventato negli ultimi due decenni il vero braccio operativo della finanza ed economia mondiale. D’altronde non è trascorso poi così tanto tempo dalle famose Compagnie delle Indie di britannica, ma anche olandese e tedesca memoria. Per non parlare della politica della Repubblica marinara di Genova.

E il terzo fronte? 

È il più volatile: costruito spesso su slogan, raramente su evidenze scientifiche, il fronte della transizione ecologica, dei nuovi carburanti per le navi, del trasporto a propulsione elettrica è comunque elemento politico di consenso. E nessun grande gruppo presente sul mercato dei trasporti può permettersi il lusso di ignorarlo. Ma ad oggi, secondo il mio modesto parere, i rischi ideologici prevalgono sulle certezze scientifiche. E questo rischia di generare una nuova bolla con conseguenze gravissime anche per l’economia.

E gli agenti marittimi?

Abbiamo parlato di massimi sistemi, di globalizzazione, di geo-politica, ma effettivamente (seguendo un trend comunicazional-politico) abbiamo dimenticato il fattore umano. Io posso parlare per la mia categoria che è riuscita a sopravvivere quando tutti ne preconizzavano la scomparsa. Ci è riuscita facendo del cambiamento costante un vero e proprio mantra; comprendendo che senza una flessibilità e una elasticità totale e iconoclasta rispetto ai pilastri della professione saremmo scomparsi. Gli agenti marittimi si sono rivelati i migliori interpreti, e per certi aspetti i protagonisti, del cambiamento anche quando questo cambiamento muoveva i primi passi. È accaduto nei porti dove la privatizzazione dei terminal è stata resa possibile da agenti che si sono trasformati in terminalisti, per poi diventare partner e non rappresentanti degli armatori; sta accadendo nella logistica e quasi certamente la metamorfosi è solo all’inizio. Noi non l’abbiamo subita. Siamo pronti in prima fila ad esserne ancora i protagonisti.

E la Genoa Shipping Week?

È oggi più che mai lo scenario in cui far conoscere la nostra capacità di adattamento a un mercato mutevole e magmatico. E non è un caso che Assagenti Genova abbia voluto riprendere in mano con decisione il timone di questa nostra “creatura” la Shipping week imponendosi il dovere di affrontare sin dal primo giorno le tematiche del grande cambiamento, delle grandi opportunità ma anche dei grandi rischi del Mediterraneo.

Red.Mar.

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